La fabbrica di Brno nasce nel 1918 e per molti decenni rappresenta un caposaldo della produzione di armi nel territorio cecoslovacco attraversando il periodo di libertà fra le due guerre, poi quello dell’occupazione tedesca seguita dall’egemonia comunista per approdare al libero mercato
di Emanuele Tabasso
La Brno nasce come fabbrica di meccanica nel 1918, alla fine della I GM, e inizia i lavori assemblando Mauser K98 e Steyr M95. Nel 1924 viene costruita una nuova fabbrica dove si dà avvio alla realizzazione non solo di armi, ma di veicoli a motore di vario genere, ad esempio trattori su licenza Skoda, e di macchine da scrivere su licenza Remington.
Nei primi Anni del XXI secolo cessa la produzione di armi e il marchio della storica azienda di Brno entra a far parte del Gruppo CZ che, proprio in questi mesi, festeggia il suo 85° compleanno: non ci dilunghiamo sulle vicende da cui è sorta questa validissima realtà produttiva che prosegue con magnifico successo l’attività. La CZ infatti sta manifestando sotto la regia degli ultimi decenni tutta la sua capacità progettuale, realizzativa e commerciale ampliando i propri interessi con interessanti acquisizioni anche oltre Atlantico. Diamo però uno sguardo in retrospettiva proprio alla Brno osservando una bella arma lunga rigata, fabbricata verso l’inizio degli Anni 60 quando la ripresa delle attività nel settore sportivo, dopo la lunga parentesi bellica, era in pieno sviluppo. Ricordiamo ancora di questa fabbrica i Mauser K98 costruiti sotto l’occupazione tedesca, quando la città e la fabbrica erano denominate Brunn e il tarncode era dou, armi che nulla avevano da invidiare a quelle prodotte a Oberndorf. I fucili rigati della Brno si diffondono presto sul mercato italiano grazie a una distribuzione accorta: le finiture sono sovente un po’ spartane, ma la fama degli acciai e dei loro trattamenti è ben presente negli appassionati di una certa età che fanno testo fra i più giovani adepti dell’arte venatoria. Disporre di una carabina Brno è già una patente di saper scegliere spendendo cifre contenute e ottenendo brillanti risultati sul terreno. Quanto ci è stato sottoposto dall’amico Paolo Silvano dell’armeria Berrone Armoryinvest di Alessandria (0131 254 244) è davvero un pezzo particolare sia per l’allestimento che per il calibro. E’ un fucile usato, ma realizzato con cura e tenuto in maniera accorta dal precedente proprietario.
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La Brno in .308 Norma Magnum
Tra gli Anni 50 e 60 si osserva un fiorire di nuove cartucce a palla indirizzate alla media e grossa selvaggina: la Norma, prestigiosa Casa svedese di munizioni, scende in lizza con due magnifiche realizzazioni, la .308 e la .358 entrambe con il suffisso Norma Magnum. La coppia di cartucce si pone, balisticamente parlando, quale eccellente soluzione per tutta la selvaggina europea, gran parte di quella del Nord America e le antilopi delle pianure africane. Parleremo della .308 poco più avanti, dopo aver esaminato il fucile per lei camerato. A un primo colpo d’occhio la linea d’insieme è accattivante con la calciatura a tenere banco con le linee europee ben interpretate cui si aggiunge quel poco di statunitense che all’epoca cattura l’attenzione di molti. La scelta di un noce color miele con pregevoli venature brune è già piacevole: la considerazione aumenta osservando i particolari dei vasi fitti e ben chiusi, segno di pianta matura a stagionata a dovere, e dell’andamento delle fibre in sequenza con il verso della forza generata dallo sparo. Quasi non pare vero che manchi l’imprimitura di fondo, allora così usata e davvero mortificante per un bel ciocco di legno. Il calcio presenta l’impugnatura a pistola con curva marcata e coccia evidente che richiama un poco la Kaisergriffe tedesca o le prime Weatherby giunte sul nostro mercato cui va subito il pensiero considerando lo stop Montecarlo seguito dal dorso rialzato con l’appoggia guancia. Gli spigoli del fusto prismatico sono ingentiliti da decisi raccordi arrotondati che si prolungano nel sotto canna di forma equilibrata e utile per una corretta impugnatura nel tiro alla corsa o per l’appoggio sul supporto per il tiro a fermo. Coccia e puntale sono riportati in legno scuro che a noi pare il raffinato palissandro. Molto accurata l’incassatura generale osservando il ribasso fra anello e ponte o lo scasso dove si inserisce il manubrio; l’attenta finitura superficiale e la verniciatura a mezzo lucido contribuiscono al bell’aspetto dell’arma.
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Castello e otturatore
Veniamo alla meccanica: l’azione è quella classica del K98 di cui le migliori aziende dell’Est Europa si sono rese interpreti nel corso degli anni. Anteriormente è posto l’anello prolungato in basso con lo zoccolo integrale: inserito nell’apposita tasca del fusto, funge da prisma di scarico delle forze; inoltre un foro assiale filettato accoglie la vite anteriore di fissaggio fra calcio e meccanica. I due fianchi robusti lasciano ampio spazio alla finestra di espulsione così come d’obbligo in una meccanica nata esplicitamente per usi militari e con caricamento originario manuale o a lastrina. Posteriormente il ponte a due diametri mostra il cielo spianato, così come l’anello, con la base a coda di rondine per il montaggio dell’ottica: è già in dotazione una coppia di anelli pronta a ricevere un adeguato cannocchiale. Osservando ancora il ponte si nota in alto il risalto sul profilo posteriore per favorire l’estrazione primaria mentre in basso a destra, nel fianco, viene praticato lo scasso per il manubrio. Il castello termina con una corta codetta in cui si fissa la vite posteriore di giunzione fra calciatura e meccanica. L’otturatore è il classico dei classici con il cilindro da cui sporgono le due alette anteriori, ma dove la faccia risulta già leggermente incassata: la poderosa unghia dell’estrattore a lamina collegato al cilindro con un anello, sporge in maniera evidente così come si nota la fresatura longitudinale nell’aletta sinistra in cui passa la lamina dell’espulsore fissata al castello. Superfluo dire come le positività di questa meccanica siano ancora insuperate quanto a garanzia di funzionamento in ogni condizione e postura: impossibile la doppia cameratura e una mancata estrazione ha le probabilità di sussistere quasi quanto vedere domani sorgere il sole da ponente. Da ricordare come quest’unghia richieda di inserire le cartucce nel caricatore evitando assolutamente di infilarle direttamente in camera, pena la possibile rottura dell’unghia all’atto della chiusura. Le alette sporgenti corrono entro apposite guide praticate internamente ai fianchi del castello e la linearità del moto viene ulteriormente assicurata dalla nervatura sporgente dalla parte mediana del cilindro con riscontro nel cielo del ponte. Verso la parte posteriore sporge in basso una terza aletta di chiusura, con sezione quadrotta: nella rotazione si incastra in un’apposita fresatura praticata nel fondo del ponte. Sulla destra sporge il manubrio probabilmente ancora ricavato dal massello dell’otturatore secondo i vecchi canoni di Oberndorf. Il braccetto sagomato a sezione cilindro conica termina in una sfera, forata in basso per alleggerimento: la forma rimane sempre la migliore per manovrabilità e assenza di impuntamenti sulla mano. Le cure non finiscono qui: il robusto e complesso tappo apicale è preceduto da uno spesso disco, ovviamente tutto in acciaio, che funge da parafiamma: a sinistra sporge un piolo elastico utile a spingere indietro l’otturatore dopo l’apertura. In azienda si è cambiata molto opportunamente una sostanziale parte meccanica: la mitica aletta della sicura a tre posizioni, detta “a bandiera” rimane un pezzo di storia, ma con l’avvento delle ottiche, magari montate basse, risultava di impiccio: la Winchester nel suo Mod. 70 aveva già provveduto a inserire la sua leva di sicura, sempre a tre posizioni, ma con asse verticale e non longitudinale. La Brno ha adottato la sicura Dakota che ha in pratica gli stessi effetti con un asse trasversale di analoga praticità. Dal tappo sporge, a meccanica armata, il codolo del percussore quale avviso tattile e visivo della situazione. Ancora un cenno alla robusta leva posta sul fianco sinistro del castello con funzione di rilascio dell’otturatore a fondo corsa per una facile estrazione.
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CannaCilindro metallico di diversa lunghezza e calibro, deputato … Leggi, mire, scatto e caricatore
Una cartuccia vigorosa, caricata con polveri progressive, necessita di un’adeguata lunghezza di canna per sviluppare il potenziale insito nella sua progettazione: i 60 cm concessi a questo fucile sono il minimo sindacale per mettere in atto quel che ci si attende da una bella magnum compatta, anche se a nostro sommesso parere i canonici 66 cm consentirebbero di leggere sul cronografo qualche numero in più e nella traiettoria qualche abbassamento in meno. Ma, come dice il Maestro Carlo, “tu pensa a mettere la palla nel posto giusto poi il camoscio, non sapendo di queste faccende, finisce gloriosamente nello zaino”. La sezione cilindro conica mostra misure adeguate alla caccia con equilibrio fra rendimento balistico e facilità di porto: a un primo esame visivo non si evidenziano anomalie nella camera e nella rigatura: questa termina con un corretto ribasso stondato e conico. Sono presenti le mire metalliche montate su zoccoli ad anello investiti direttamente sulla canna. La tacca è fissa con visuale quadra, incavo antiriflesso e possibilità di scostamento sulla base a coulisse; il mirino a grano è montato a incastro su rampa ombreggiata, e un pulsante elastico ne consente la sostituzione. Lo scatto è nella miglior tradizione della Mitteleuropa con stecher a due grilletti e peso regolabile, nell’attualità postato intorno ai 350 g. A molti oggi non piace: da parte nostra continuiamo a preferirlo. I due grilletti sono racchiusi in una guardia in acciaio di bell’ovale e ampia per agire anche con i guanti: nel rebbio anteriore è incassato il tastino per lo svincolo del fondello basculante da cui si accede al magazzino fisso delle cartucce: la meccanica interna è la solita con molla a W inserita nella suola elevatrice sagomata e lucidata.
La cartuccia .308 Norma Magnum
Negli Anni 60 fioriscono delle pregevoli cartucce calibro .30, tutte derivate dalla stupenda .300 H. & H. Mag. Si aggiungono alla .300 Weatherby Mag. nata ancora negli Anni 40 e dalle elevatissime prestazioni, seguita nel ’60 dalla .308 Norma Mag. e nel ‘63 dalla .300 Winchester Mag. La Norma regge gagliardamente il confronto balistico, ma la scarsa spinta commerciale, specie negli Stati Uniti che rappresentano il mercato di gran lunga maggioritario, non consente vita lunga anche se le misure del bossolo consentono l’adozione su movimenti di lunghezza pari al .30-06 Sprg. e la forma con il corpo quasi cilindrico e quindi di buona capienza, insieme alla spalla abbastanza angolata da sfruttare cariche sostanziose, spingono i proiettili a V/0 elevate. La proposta di cartucce originali si limita a uno o due pesi e tipologia di palla, solitamente 150 e 180 gr, così questa bella cartuccia termina troppo presto la sua vita operativa. Ed è un peccato perché le prestazioni come energia, tensione di traiettoria e precisione rimangono di alto livello. Per i collezionisti è un punto di arrivo interessante, considerando poi che è stata adottata da fabbricanti di ragguardevole fama, quindi su fucili pregevoli. Si trovano ancora cartucce originali e i dies per la ricarica: nei proiettili, visto il calibro .30”, non c’è che l’imbarazzo della scelta.
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Brno Arms Didascalie
001 – (apertura)
002 – Otturatore parzialmente retratto: si notano da sx il manubrio con la nocca tonda forata, il dente quadro della terza chiusura, il gradiente angolato nel profilo posteriore del ponte per favorire l’estrazione primaria
003 – Sul fianco sx del castello la dicitura aziendale quando ancora la Cecoslovacchia era una sola entità prima della pacifica separazione fra Cekia e Slovacchia
004 – Il tappo di coda dell’otturatore è un pezzo notevole per la lavorazione e la finitura: si nota a sx il codolo del percussore sporgere dalla sede per avviso di meccanica armata e centralmente la leva della sicura a tre posizioni con asse ortogonale
005 – La bella cartuccia .308 Norma Mag. con fondello cinturato posta sulla suola elevatrice del caricatore fisso
006 – Da sx in esterno la leva di svincolo otturatore e, entro il ponte, il dente di fermo; sempre entro il ponte, sul fondo, la sede della terza aletta di tenuta e chiusura, nel bordo dx la sede del manubrio; nella codetta il dente di scatto
007 – La confezione originale delle cartucce calibro .308 Norma Magnum
008 – Del tappo posteriore dell’otturatore abbiamo già detto: osserviamo il manubrio molto pratico e di buon disegno, la terza aletta, la nervatura di guida, la lunga leva elastica dell’estrattore vincolata al corpo centrale tramite l’anello flottante, le due alette frontali e la testa
009 – Testa dell’otturatore con la faccia ribassata in cui si nota il foro del percussore, a fianco l’unghia poderosa, la fresatura longitudinale entro l’aletta sx (dx per chi osserva) con la levetta che in arretramento viene azionata dalla lamina fissa dell’espulsore attuando il lancio del bossolo o, se si arretra lentamente, porgendolo alle dita del tiratore
010 – Lo zoccolo di supporto è calzato sulla canna e il blocchetto della tacca di mira è unito con un innesto a coda di rondine utile per gli scostamenti laterali: la visuale quadra è protetta dai riflessi con una bisellatura tonda
011 –Il supporto anteriore è calzato sulla volata della canna e il mirino a grano d’orzo è incastrato nella propria sede con il fermo di un pulsante a molla
012 – L’egresso della rigatura al vivo di volata è protetto da un ribasso conico stondato
013 – Di buon disegno l’ovale della guardia entro cui sono posti i due grilletti per lo stecher. Nel rebbio anteriore sporge il tasto per l’apertura del magazzino cartucce
014 – Il coperchio o fondello del magazzino fisso
015 – L’apertura del coperchio mette a vista la molla a W e la suola elevatrice delle cartucce
016 – Il bel noce scelto per questo fucile risalta nel calcio con impugnatura a pistola, dalla coccia ben evidente, nell’appoggia guancia arrotondato, nella linea Montecarlo con cui termina il dorso
017 – Semplice ed elegante l’asta sotto canna di sezione arrotondata con fianchi piani su cui la mano si chiude con naturalezza. Pregevole il puntale in legno scuro, forse palissandro, in analogia con la coccia
018 – (vista intera)