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Campanerut e gli attacchi non invasivi

Diversi anni addietro la ditta di Marcello Campanerut ha iniziato a porre in commercio degli attacchi per ottica adatti a fucili ex militari: una prerogativa in particolare li rende molto interessanti

di Emanuele Tabasso

C’era ancora l’EXA a Brescia nel 2008 quando iniziò il contatto con la ditta Campanerut di Pravisdomini (PN) concluso qualche tempo dopo con l’invio di uno dei particolari ritrovati allestiti dall’inventore, titolare dell’azienda. Due passi indietro per osservare questi meccanismi: degli attacchi per ottiche da montare su fucili ex ordinanze senza, e qui sta il bello, dover forare il castello, fissando il congegno tramite fascette e incastri. La considerazione di principio che ha mosso lo studio è di una realtà palmare, soprattutto per chi ha passato la cinquantina notando, con un certo disdoro, come la vista sia in calo e quindi tacca di mira e mirino si palesino come masse dai contorni sfumati o, per chi soffre di astigmatismo, anche sdoppiate. Poter impiegare in poligono dei fucili che hanno fatto la Storia è ambizione di molti appassionati che sommano nella mente la gioia del tiro a quella della collezione. Poter verificare quanto stringano la rosata un Carl Gustafs piuttosto che un Mauser 98, un Enfield o uno Schmidt Rubin, per citare alcuni dei pezzi più presenti nelle collezioni, è mestiere da affidare al tramite di un’ottica da puntamento: le realizzazioni di Marcello Campanerut rendono possibile questo divertente controllo al tiro salvaguardando l’integrità dell’arma. Così l’animo del collezionista rimane sereno e la gioia di osservare le belle rosate che si possono realizzare appaga il tiratore.

L’ennesima dimostrazione

Pochi giorni fa un amico che si pone a perfezione nella casistica sopra detta telefona per aver lumi sul ritrovato e sondare così a fondo il proprio Carl Gustafs: di qui il riproporre a vantaggio non solo dell’amico, ma speriamo di molti altri, questa soluzione. Oggi probabilmente qualcosa sarà cambiato: noi ci rifacciamo all’esperienza di allora quando in uno scatolo di cartone sono giunti i diversi pezzi, la minuteria in una busta di plastica, il foglio con le istruzioni. Questi i componenti principali: la base con gli appoggi a semicerchio, un prisma con funzione di sopralzo, la slitta tipo Weaver e una fascetta di acciaio modellabile rivestita in gomma. Le note per la messa in opera sono chiare a chiunque abbia un minimo di destrezza, pur se il costruttore declina saggiamente ogni responsabilità per l’esecuzione del lavoro da parte di personale non specializzato. L’amico Carlo è intervenuto quando le nostre capacità manuali hanno presto mostrato i loro limiti: l’approccio vede il montaggio del supporto integrale con le due basi arrotondate per poggiarsi sull’anello e sul ponte del nostro Carl Gustafs bancato nel 1913; un prolungamento a prisma si incastra nel vano per la lastrina di caricamento, ricavato dal ponte, mentre una vite a grano con testa esagonale lavora contro il bordo posteriore dell’anello per il contrasto longitudinale. Un po’ di attenzione va posta nel modellare la fascetta in acciaio gommato del supporto anteriore, adattandola alla superficie del legno: occorre lasciare a vista le due piccole viti a grano, posizionate radialmente nei fianchi del supporto, che funzioneranno da preventiva centratura per l’ottica. In seguito la fascetta si blocca con una vite passante e un dado, aiutandosi con una pinza sottile per avvicinare le due estremità forate. Il manubrio di questo fucile, più ancora che la campana dell’oculare, richiede il distanziale a prisma: lo si blocca insieme alla base Weaver con due lunghe viti a testa conica e incasso a brugola.

Il montaggio dell’ottica

Sempre l’amico Carlo ha pescato a suo tempo presso l’armeria di Remo Martinengo a Cuneo un reperto piuttosto attempato, così come si addice a un simile fucile: poi un recentissimo prodotto di grido va a meraviglia, ma a nostro sommesso parere si snatura parecchio l’insieme, anche dal punto  di vista economico, per cui l’Asslar/Wetzlar Zieljagd 4×36, che si osserva nelle immagini a corredo del brano, fa al caso nostro per filologia (!), dimensioni e funzione: non sarà certo un insieme che adopereremo al cervo o al capriolo al calar della luce, quindi tale impianto va magnificamente per i nostri programmi di tiro in poligono. Da notare poi che l’assenza, o quasi, di parallasse consente di non avere scostamenti mirando come il distanziale impone: con il viso staccato dal dorso del calcio. Per migliorare i risultati si può ipotizzare il montaggio di un sopralzo mobile, fissato con le due cinghiette a velcro o con fibbie, così da ripristinare l’estetica al termine della prestazione sportiva. Oggi si trovano in commercio diversi modelli per giungere allo scopo.

In poligono

Dopo il montaggio occorre verificare la convergenza fra l’asse dell’ottica e quello della canna: quando tutto è a posto si prova a sparare qualche colpo. Qualche leggera frizione si è verificata tra la costolatura di guida dell’otturatore e la base del prisma incassata nel vano della lastrina, ma pochi colpi di un mazzuolo sintetico mettono le cose a posto. Una ad una inseriamo cinque cartucce nel magazzino fisso e iniziamo a sparare con il piacere di vedere croce e bersaglio ben nitidi. Rileviamo ancora un particolare da tenere sotto controllo: l’appoggio posteriore non ha il fermo verticale quindi, dopo ogni colpo, è necessario riposizionare il tutto al punto inferiore con un semplice colpo della mano.

Nella prova dell’epoca abbiamo usato questa ricarica del 6,5×55 SM che indichiamo senza nostra responsabilità né garanzia: bossoli originali Lapua Match, innesco CCI BR2, palla Lapua Scenar da 139 gr, polvere N/160 per 42,0 gr, oal 79,5 mm ottenendo una V/2 media pari a 780 m/sec.

I risultati confermano parecchie cose: l’eccellenza progettuale ed esecutiva dell’ordinanza svedese nata nel 1896, la splendida cartuccia, frutto degli studi fra i tecnici della Mauser di Oberndorf a/N e quelli dell’arsenale Carl Gustafs svedese, che ancor oggi soddisfa le esigenze dei tiratori agonisti come di uno stuolo di cacciatori, la validità del progetto Campanerut per consentire ai meno giovani di divertirsi a stringere le rosate senza toccare la meccanica dei propri fucili ex ordinanza. Diremmo proprio che ce n’è a sufficienza per mettere in conto una spesa tanto ridotta quanto di grande soddisfazione.

Per informazioni su questo supporto:

ditta Campanerut Marcello srl – Via Isonzo 12-14 – 33076 Pravisdomini (PN) – Tel. 0434.644282 – Fax 0434.645463

L’autore ringrazia il sig. Remo Martinengo dell’omonima armeria di Corso Nizza 106 in Cuneo – tel. 0171 698257 – per l’assistenza prestata

Dida

001 – La base applicata al Carl Gustafs e la vecchia ottica Asslar/Wetzlar che riporta i segni di montaggi precedenti su altre armi da caccia

002 – L’appoggio anteriore a sella si pone sul tondo dell’anello e la fascetta in acciaio armonico rivestito di gomma viene fissata con la brugola superiore

003 – L’appoggio posteriore vede la parte stondata a cavallo del ponte e la porzione a prisma inserita nella fresatura originariamente per la lastrina delle cartucce. Nel supporto anteriore si nota la vite a grano che mette in giusta tensione l’apparato

004 – Conferendo la giusta curvatura alla fascetta gommata si segue il profilo dell’asta sottocanna fissando stabilmente la parte anteriore

005 – Vista da sx dell’innesto della base posteriore nel vano della lastrina

006 – Ecco a che serve il distanziale fornito dal produttore: in apertura il manubrio risulta perpendicolare e occupa molto spazio. Nella scelta dell’ottica va tenuto conto di questo fattore

007 – Con la bella grafia di parecchi decenni addietro e le lenti ancor prestanti il sempre valido Asslar si mostra perfettamente adeguato al montaggio sulla base Campanerut

008 – Abituati alle torrette odierne queste del vetusto Asslar risultano proprio elementari: con ciò funzionano ancora molto bene

009 – 010 – (viste intere da scontornare)

011 – L’amico Carlo in posa per mostrare l’opera appena terminata

012 – Tolto l’otturatore e posto il fucile sul supporto si riesce a scattare attraverso il cannocchiale un’immagine dei bersagli mentre Carlo si approssima per i controlli

013 – Il bersaglio ottenuto a 100 metri: dopo i primi due colpi a destra abbiamo verificato la posizione della base posteriore prima di ogni sparo successivo. I tre colpi son degni di un fucile di precisione e la vecchia ordinanza svedese lo è proprio