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Piccolo il calibro, piccola la pistola, ma la P-32 di Kel-Tec è uno strumento estremamente interessante per chi necessiti di un’arma ultra-compatta. Destinata a chi abbia necessità di un back up o di uno strumento particolarmente occultabile, ha pregi ben superiori a quelli che a prima vista sarebbe legittimo aspettarsi

Di Fabrizio bucciarelli

Un concetto di base

Quasi tutti sappiamo che, ad esempio, l’arma d’ordinanza dell’esercito italiano sia la full size Beretta 92 e neppure gli ufficiali utilizzino più pistole compatte come l’onorata Beretta 34, resistono campi d’impiego in cui la dimensione – ridotta – fa la differenza. Emblematico, in questo senso, il continuo lancio di semiautomatiche compatte e subcompatte. Tra i tanti, c’è un fabbricante che in termini di miniaturizzazione ha fatto più degli altri, per poi creare un fenomeno di tendenza. Questo è Kel-Tec, un marchio relativamente giovane che è passato in pochi anni dalla produzione di utensili (1991) a quella di armi da fuoco (1995). Fondato da George Kellgren, ingegnere svedese che già aveva lavorato per Husqvarna e Intratec, proprio nel 1995 lancerà un’arma che farà discutere. Il modello P-11 è una piccolissima pistola semiautomatica in sola doppia azione dotata di un fusto in polimero (DuPont St-8018 ) e alluminio aeronautico (7075-T6), camerata in calibro 9 mm. Le sue ridottissime dimensioni (canna da 79 mm, lunghezza di 142 mm, spessore di 26 mm) e il peso contenuto (400 g) permetteranno da lì a poco lo sviluppo di un’arma ancor più interessante, per certi versi rivoluzionaria. Si chiamerà P-32 e, se dalla P-11 eredita il disegno, segna un importante passo nel processo della miniaturizzazione nel settore armiero. La P-32 viene camerata in .32 ACP e monta una canna da 68 mm. Questa combinazione porterà l’arma a misurare solo 129 mm in lunghezza e 19 mm in spessore per un peso ad arma scarica, questo sì sensazionale, di soli 186 grammi. La Kel-Tec P-32 diventerà un fenomeno di tendenza che avrà, come si conviene ad un prodotto di successo, cloni e repliche, arrivando a creare una nuova nicchia di mercato. A queste due pietre miliari dell’azienda con base in Florida seguiranno i modelli PF-9 in 9 mm (siamo nel 2006 e, accanto ad alcune migliorie di carattere tecnico e nella scelta dei materiali che porteranno a una cura dimagrante di 40 grammi rispetto alla pistola P-11, compare una slitta Picatinny all’epoca nuova tendenza del mercato) e P-3AT in .380 ACP. In questo modo andrà a completarsi l’offerta di armi di dimensioni estremamente compatte, ora disponibili in due allestimenti in calibro 9 mm, uno in .32 e uno in .380 ACP. Resta fuori, per riprendere il discorso iniziale, solo il .25 ACP, calibro ormai accantonato.

La pistola nel dettaglio

La peculiarità delle pistole Kel-Tec è la loro anomalia rispetto ad architetture simili precedentemente disponibili. La P-32, infatti, nonostante il modesto calibro adottato, sfrutta la classica chiusura a corto rinculo di canna che contraddistingue il sistema Browning. Se, ad un’analisi superficiale, questo potrebbe sembrare un controsenso (quale motivo fisico potrà mai richiedere una chiusura tanto ingegnosa per un calibro che ha dato prova di funzionare egregiamente con il sistema a massa?), ad una riflessione più approfondita appare evidente che l’impiego del principio geometrico consente di risparmiare in maniera considerevole sulla massa del carrello che, in questa maniera, viene a incidere molto meno sul peso complessivo dell’arma. La chiusura avviene mediante la massa prismatica che costituisce la culatta che va ad ingaggiare, con carrello in chiusura, la finestra d’espulsione. Questo sistema, definito “Browning modificato”, ha il pregio non indifferente di fornire una finestra con una luce molto ampia, riducendo in linea teorica le possibilità d’inceppamento. Lo svincolo tra canna e carrello avviene mediante i piani inclinati riportati sulla parte inferiore della canna, che interagiscono con il tassello realizzato all’interno del fusto. L’arma è costituita da 6 gruppi di componenti, la cui descrizione ce ne fa capire l’architettura; anzitutto la canna, realizzata in acciaio SAE 4140 e sottoposta a trattamento di indurimento che ne porta la durezza a 48 punti della scala HRC. Seguono il carrello, anch’esso in acciaio 4140, che incorpora percussore ed estrattore, il fusto-impugnatura in polimero, il telaio in alluminio che incorpora il meccanismo di scatto (inglobato nel fusto), il sistema di recupero del moto (asta guida-molla e relative molle) e il caricatore. Da notare che le molle di recupero sono due, concentriche, e che il caricatore ha una capacità di 7 colpi; l’autonomia residua è facilmente verificabile mediante le 6 finestre circolari ricavate sul caricatore stesso. Lo smontaggio avviene in maniera molto intuitiva, arretrando leggermente il carrello ed estraendo – mediante il fondello di una cartuccia – il piolo che compatta tutto il sistema; il piolo è mantenuto in posizione da un dispositivo elastico che ne impedisce l’estrazione senza un minimo di sforzo. Molto basica la dotazione di mire: mirino e tacca sono macchinate direttamente sul carrello, quindi non regolabili e non sostituibili. Si tratta di un sistema molto semplice ma che ben si adatta alla pistola oggetto di questa prova, nata per il tiro istintivo a distanze brevi o brevissime. La linea di mira si sviluppa per 96 millimetri. Sulla parte posteriore del complesso è visibile il cane, esterno; da notare che l’arma funziona unicamente in doppia azione e che questo non può essere in alcuna maniera armato dall’utente. Notevole l’assenza di sicurezze. L’arma è fatta per essere sempre pronta all’uso e il disegno, oltre a prevedere la mancanza di tutti quegli accorgimenti che ne potrebbero complicare l’impiego, è molto arrotondato in maniera tale che le probabilità che l’arma si impigli nei vestiti sia ridotta al minimo. Manca anche la leva hold open; il carrello, esploso l’ultimo colpo, rimane in apertura grazie alla particolare conformazione della suola elevatrice del caricatore. Per portarlo in chiusura è necessario farlo arretrare di qualche millimetro, se il caricatore è stato nel frattempo riempito, oppure arretrarlo avendo avuto l’accortezza di sganciare il caricatore nel caso che si desideri riporre l’arma scarica. Quando si porti l’arma in custodia, il cane non tocca comunque il percussore, così da fornire un livello di sicurezza in più.

Il test a fuoco

Abbiamo provato la P-32 in poligono, nel tunnel dell’armeria Bersaglio Mobile. L’arma ha effettivamente dimensioni ridottissime che ne rendono “rocambolesca” l’impugnatura. Avendo cura di impugnarla bene (ma facendo attenzione a non interferire con la corsa del carrello, che comunque scorre molto in alto e rende questa ipotesi remota), una mano di medie dimensioni non riesce ad avvolgere il calcio con più di due dita. Il mignolo resta inevitabilmente sospeso. Il sistema Browning, operando con due molle di recupero, rende il rinculo della pistola morbido e domabile nonostante la compattezza dell’arma. Le mire non facilitano l’acquisizione mirata del bersaglio ma si prestano a un tiro istintivo e fanno quello che devono fare in un caso del genere: dare un’indicazione “di massima” del punto d’impatto. Efficaci ci sono sembrate le zigrinature presenti sul calcio, decisamente troppo ridotto (anche se è un pregio nel porto giornaliero) il pulsante di sgancio del caricatore. Lo scatto è lungo ma godibile, uguale a se stesso dal primo all’ultimo colpo. Abbiamo effettuato la prova con munizionamento commerciale Fiocchi con palla blindata FMJ da 73 grani che esprime un’energia teorica di 295 Joule. Kel-Tec, in virtù della scarsa lunghezza della canna della sua P-32, dichiara 240 Joule di energia effettiva. Il peso dell’arma, oltre alle sue dimensioni, è la voce dove la P-32 ci ha maggiormente entusiasmato. Il produttore dichiara 186 grammi e noi, in assetto con caricatore inserito e clip (un sistema che consente di rinunciare alla fondina a patto di portare la cintura), abbiamo rilevato 230 grammi che salgono a 296 con i 7 colpi nel caricatore. L’esemplare che abbiamo provato appartiene alla seconda generazione, come tutte le pistole prodotte dal 2005, che si differenzia dalla prima per la conformazione delle mire, dell’estrattore e del disegno dell’asta guida-molla. L’arma viene venduta in una valigetta in plastica nera e fornita di libretto d’istruzioni e sistema a chiave esterno per il bloccaggio del grilletto. L’ampia disponibilità di accessori consente di customizzare la pistola secondo le proprie esigenze; non mancano un caricatore da 10 colpi con grip extension, che facilita di molto l’impugnatura, e il correggiolo.

In definitiva, questa Kel-Tec P-32supera l’esame con punteggi decisamente buoni, quando non elevati, pronti ad emulare il porto comodissimo ma operativo di ogni emulo di James Bond. Anche se senza “licenza di…”.

SCHEDA TECNICA

Kel-Tec P-32 cal. .32 ACP

Costruttore: Kel-Tec CNC Industries Inc.

Modello: P-32

Tipologia: pistola semiautomatica a chiusura geometrica

Calibro: .32 ACP (7,65 mm)

Destinazione d’uso: difesa personale

Caricatore: 7 colpi, monofilare

Sistema di scatto: azione doppia DAO

Organi di mira: mire fisse

Lunghezza canna: 68 mm

Lunghezza totale: 129 mm

Materiale del fusto: polimero, alluminio

Finitura: brunitura nera opaca

Peso: 186 gr.

Didascalie

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Sulle guancette sono riportate delle cuspidi a profilo di diamante che garantiscono un’ottima presa. Sul dorso e sulla parte frontale dell’impugnatura sono riportate delle zigrinature verticali.

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La P-32 fotografata e provata appartiene alla seconda generazione di pistole, la cui produzione è iniziata nel 2005.

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Anche il grilletto è realizzato in polimero. Sulla sinistra del fusto è presente il microscopico pulsante di sgancio del caricatore.

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Il caricatore, monofilare, contiene 7 colpi. Sei finestre circolari praticate sul lato destro forniscono un’indicazione sui colpi contenuti.

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L’arma, dotata di un sistema di scatto in sola doppia azione, presenta un cane esterno incassato. Non ne è previsto l’impiego da parte dell’utente.

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La volata dell’arma mostra lo spessore della canna, estremamente sottile. Il peso della canna, nonostante il massiccio blocco di bascula che funge da chiusura, è estremamente contenuto.

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Il vano del caricatore. Le finiture non perfette mostrano come il fusto della P-32 sia ottenuto da accoppiamento termico di due semi gusci.

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La faccia inferiore del carrello. Non sono previste sicurezze automatiche al percussore, come evidenziato da questa immagine; lo scasso all’estremità posteriore è necessario al moto del cane.

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L’arma smontata nelle sue componenti principali. Spiccano le due molle di recupero che hanno la funzione di ridurre la velocità del carrello in fase di rinculo per ridurre la percezione di quest’ultimo.

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La P-32 viene venduta completa di un semplice kit che consente il blocco del grilletto mediante una chiave, in maniera tale da impedirne l’impiego alle persone non autorizzate.

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Tra gli accessori disponibili spiccano la clip per il porto, che rende superfluo l’impiego di una fondina, e un puntatore laser di Crimson Trace che facilita l’acquisizione del bersaglio.

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Al caricatore standard può essere applicato una extension grip che ha il merito di rendere più agevole l’impugnatura ed estendere l’autonomia a 10 colpi.