Poco meno di un anno fa abbiamo recensito una carabina importante della Casa austriaca Steyr camerata per la cartuccia principe dei calibriIndica la misura del diametro interno della canna, se la can... Leggi medi qual è la 8x68S mentre oggi esaminiamo la versione in calibro .22 LR
Di Emanuele Tabasso
Negli anni successivi alla II GM per i fabbricanti di fucili rigati da caccia era prassi usuale proporre una carabina in calibro .22 LR che mutuasse in maniera quanto più aderente possibile le fattezze e lo stile delle consorelle camerate per le tante cartucce a fuoco centrale che un tempo venivano proposte agli acquirenti. Fra le diverse realizzazioni di questi fucili pensati in particolare per i ragazzi, ma ricercati e apprezzati anche dagli adulti, svettava su tutti per classe e signorilità il Mod. Zephir Luxus della Steyr, riproduzione in scala appena un poco ridotta delle sorelle Mannlicher Schönauer che all’epoca dominavano la scena fra i cacciatori di camosci e dei pochi altri ungulati al tempo presenti in alcune zone d’Italia. Un papà dotato di uno dei fucili sopra citati, camerato in uno dei 7 o 8 mm maggiormente in voga, non poteva esimersi dal regalare al figlio, appassionato dell’arte venatoria e del tiro, una Zephir in calibro .22 LR con cui il giovane si sarebbe destreggiato non solo in un poligono del TSNAcronimo di Tiro a Segno Nazionale. Si indica generalmente u... Leggi, ma anche all’aperto dove, negli Anni 50 e 60, le limitazioni erano poche e gli insegnamenti del genitore in fatto di sicurezza venivano puntualmente seguiti. Si imparava a sparare con destrezza e acume trasferendo sul terreno aperto le tecniche del tiro apprese in poligono: di primo acchito ci si affidava alle mire aperte, quindi tacca e mirino, un po’ più di rado alla diottra, e solo dopo un certo tempo arrivava il primo cannocchiale da puntamento. Ricordiamo con nostalgia i Lossberg 3x (sì, proprio tre ingrandimenti) con una lente frontale poco più grande dell’unghia di un pollice eppure capaci di concedere soddisfazioni inimmaginabili per l’epoca. Oggi tale prassi costruttiva è scemata e ci viene in mente solo qualche raro esempio con alcuni pregevoli modelli della CZ per i movimenti a otturatore girevole scorrevole o la Browning BAR .22 LR che riprende il semiautomatismo della consorella a fuoco centrale universalmente conosciuta e apprezzata. Vediamo dunque com’è fatta la Zephir dove le modifiche più incisive si applicano al complesso castello e otturatore opportunamente semplificato rispetto ai fratelli maggiori e adattato alla cartuccia a percussione anulare.





L’azione della Zephir
Il castello della piccola Mannlicher viene lavorato con operazioni di fresatura da un cilindro in acciaio legato: nella parte anteriore, quindi nell’anello, si pratica la filettatura interna in cui è avvitata la canna, sul fianco destro è ricavata la piccola finestra ovale di espulsione con i bordi accuratamente bisellati mentre nel ponte si osserva a destra l’incavo per il manubrio e a sinistra, all’interno del consistente spessore di parete, una fresatura sagomata. Nella parte posteriore del cilindro è calettato un robusto anello che reca nella parte nascosta due tasselli a spessore e in quella a vista il manubrio, fermato da una vite che ne attraversa lo zoccolo a rilievo con cui si fissa al corpo dell’otturatore. Ruotando il manubrio composto dalla nocca sferica e dal braccetto di sezione tonda piegato opportunamente per non interferire con l’ottica, i prismi a rilievo si inseriscono nelle rispettive sedi attuando la chiusura dell’arma. Non mancano le superfici inclinate grazie a cui, con la rotazione in apertura, si ottiene l’estrazione primaria. Si evidenzia ancora il tappo apicale rastremato entro cui è imperniata la levetta della sicura a due posizioni con l’apprezzabile blocco del percussore grazie a un gioco a incastro. Da ultimo il castello termina con la codetta sagomata incassata nella calciatura. La parte anteriore dell’otturatore solo scorrevole e non girevole, ripropone il disegno usuale che si osserva su molte .22 LR dell’epoca con la sezione semicilindrica innestata nel corpo posteriore: la faccia riporta la sede per il fondello della cartuccia con il foro di passaggio del percussore , nel lato destro è incassata l’unghia elastica dell’estrattore mentre nel fondo del castello sporge un piolo fisso che funge da espulsore. Risulta così semplificata la lavorazione dell’interno del castello con le sole due guide lisce laterali per lo scorrimento. Una nota di moderna praticità è data dalla fresatura a coda di rondine ricavata sul cielo del castello così da rendere facile il montaggio di un’ottica tramite due basi opportune.





La canna, la calciatura, le mire
La canna con i suoi 50 cm risulta piuttosto corta secondo una prassi in uso, adeguata all’impiego sportivo non agonistico dell’arma e alla calciatura stutzen, scelta quest’ultima del tutto aderente allo stile del fucile, nato fra Otto e Novecento come arma leggera e maneggevole per la caccia in montagna con canna molto corta, 47 cm soltanto, e calciatura alla bocca per ripararla da possibili urti contro le rocce. Il calibro originale 6,5×54 MS esprimeva già allora una congrua V/0 e potenza, insieme a una tensione di traiettoria stupefacente per l’epoca concedendo tiri mirabolanti ai camosci anche oltre i 200 metri! Oggi tutto ciò muove qualche sorriso di compassione, ma all’epoca era un balzo in avanti di spiccata valenza. Tornando alla nostra canna ne osserviamo la sezione iniziale pari a quella del castello cui segue una corta e marcata rastremazione per proseguire con il profilo a leggero degrado fino alla volata: qui si apprezza la corretta finitura stondata che ben ripara l’egresso della rigatura da urti indesiderati.
Le mire sono anch’esse analoghe a quelle delle sorelle maggiori, variano solo le metrature, con la tacca di mira a due fogliette, quella fissa per i 50 e quella abbattibile per i 100 m, inserita a coda di rondine nel supporto a tubetto calettato sulla canna. Il mirino a grano in ottone è fissato in maniera analoga allo zoccolo saldato in volata: un tunnel asportabile ripara dalla luce. A questo si aggiunge un’ottica di puntamento che si avvale della fresatura praticata all’origine sul castello: un paio di basi adeguate, gli anelli e il gioco è presto fatto. Il proprietario non ha badato molto a tempi e tradizione montando un cannocchiale della cinese Kalmizar, scegliendo tuttavia i valori di 2-7×32 che ben si adattano per praticità d’impiego e per dimensioni alla piccola Steyr. Va detto che la resa e la quotazione di queste ottiche, importate dalla Paganini di Torino, sono onestissime, tanto che il castello non si è nemmeno raggrinzito al montaggio… solo vien da pensare che un datato Kahles fisso 4×32 e reticolo 1 sarebbe stato in perfetta sintonia con gli ascendenti dell’arma. Al di là di certe nostre ubbie mentali porremmo molto volentieri in rastrelliera il complesso così com’è.
La calciatura ricavata da un unico pezzo di un bel noce europeo propone lo stile della Casa con calcio di forme classiche, appoggia guancia arrotondato, nasello sottile, impugnatura a pistola con coccia in bachelite e calciolo nello stesso materiale con righe antiscivolo. Il fusto prismatico con spigoli molto raccordati alle superfici piane si prolunga nel sottocanna a sezione tondeggiante terminando con il bocchino in metallo. In prossimità del becco del calcio e alla mezzeria circa del sottocanna si trovano le magliette porta cinghia. La zigrinatura a passo medio con cuspidi molto rilevate è analoga a quella eseguita sui fucili di grosso calibro: la presa è ottima in ogni condizione e il peso di 2.200 g si sostiene con facilità.




Lo scatto e il caricatore
Apprezzabile l’ovale della guardia in acciaio estesa alla codetta posteriore incassata nella pistola: dal ponticello sporgono i due grilletti lucidati, del tutto simili a quelli adottati dagli esemplari per le cartucce a fuoco centrale. L’impianto di uno stecher simile, tecnicamente ineccepibile, risulta senz’altro un lusso notevole completato dalla piccola vite per regolare a piacimento il peso di sgancio. Nella fattispecie la taratura in atto richiede una pressione di circa 290 g per lo svincolo, ovviamente con un’esecuzione netta e pulita senza alcun elemento a sfavore. Abbiamo menzionato il ponticello, la lamina in metallo incassata nel fusto, e proseguendone il percorso incontriamo la feritoia per il caricatore, la vite anteriore di giunzione fra calciatura e meccanica e quella di fermo del ponticello stesso. Il caricatore del tipo a pacchetto in lamiera imbutita è naturalmente tutto in acciaio e può contenere cinque cartucce del .22 LR: lo svincolo è affidato al bottone rigato incassato sulla sinistra del fusto.
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Per concludere
Non è stato possibile condurre una prova a fuoco, ma il fucile ci era già noto in anni passati quando il proprietario ogni tanto lo esibiva al poligono di TSN e, abbandonando per poco le sue amatissime armi corte, realizzava qualche rosata semplicemente appoggiato a uno dei banconi di tiro, quindi in posizione analoga a quella che si otterrebbe ancor oggi in un tiro di campagna fruendo di un supporto estemporaneo come una pianta, uno steccato o quel che la natura ci offre. Il bersaglio vedeva correntemente i colpi addensati nel “10” della mostrina da Carabina Libera, quindi in un diametro di 10 mm, sempre che il nostro amico Alberto non prendesse qualche svarione mentre gli astanti, noi fra costoro, disturbavano la concentrazione per carpire notizie sulla magnifica figlia di Steyr. Oggi nei fucili usati è raro osservare in vendita uno di questi pezzi, chi li ha sovente se li tiene ben cari, e poi il gusto per tali realizzazioni è molto scemato nelle nuove leve che preferiscono le ultime proposte armiere create con un occhio, anzi tutti e due ai costi così che non ne rimane per lo stile, la classe e l’armonia. Ed è un peccato perché si perde una tradizione più che secolare che servirebbe comunque a giudicare con maggior equità anche le proposte odierne.
Dida
001 – (apertura)
002 – Da sx il tappo posteriore con la levetta della sicura, nel castello lo scasso per il manubrio fissato alla base a tubetto calettata sul corpo dell’otturatore, la fresatura a coda di rondine per il montaggio dell’ottica
003 – Dalla finestra di espulsione si nota una delle due guide parallele per lo scorrimento dell’otturatore. Sul fondo, al centro e fisso al castello, sporge il piolo dell’espulsore
004 – La faccia dell’otturatore con la sede per il fondello cartuccia attraversata dal foro del percussore a lamina, sotto il passaggio del piolo di espulsione, a sx la robusta unghia di estrazione
005 – A sx la parte lucidata dell’otturatore che compie solo il moto di scorrimento: si nota il dente del percussore; a destra la porzione brunita che ruotando assicura la chiusura grazie alla base del manubrio e al prisma ricavato nell’anello
006 – Le sedi dei due elementi di bloccaggio sono ricavate dal castello: nel fianco destro per il manubrio e nello spessore di quello sinistro per il tassello interno
007 – Vista intera dello Zephir Luxus: l’eleganza e lo stile sono davvero ammirevoli
008 – La tacca di mira è montata a incastro nella base a tubo calettata sulla canna: notevole la robustezza e accurati i particolari con la tacca fissa per i 50 e la seconda abbattibile per i 100 m, visuale a U con bisellatura anteriore antiriflesso
009 – Il mirino a grano in ottone è incastrato nello zoccolo fissato sopra alla canna: sono quindi possibili le correzioni in deriva. Si apprezzano poi il tunnel paraluce, il bocchino a protezione del sottocanna in legno, il vivo di volata stondato che preserva l’egresso della rigatura da urti indebiti
010 – Linee classiche e proporzionate per il calcio con nasello sottile, poggia guancia arrotondato, impugnatura a pistola con coccia in bachelite, maglietta porta cinghia a perno riportato
011 – Anche l’impianto di scatto segue, come per altri particolari, la traccia delle sorelle a fuoco centrale: lo stecher a due grilletti, con vite esterna di regolazione, è una raffinatezza degna di nota
012 – Nel ponticello è ricavata la sede del caricatore: realizzato in lamiera imbutita contiene cinque cartucce e lo svincolo è demandato al pulsante rigato posto nel fusto
013 – Catalogo Bolaffi del Cacciatore e delle Armi N. 1 anno 1966: un capitolo tratta le carabine calibro .22 LR – Long e Short. Qui la mezza pagina della Steyr con i due modelli della Zephir: la Luxus costava all’epoca 95.000 lire. Per notizia nello stesso anno una Mannlicher Schönauer MC (la serie raffinata) in .270 Win. costava mediamente 150.000 lire, ma l’Armeria Peroldo di Torino, avendo una grande disponibilità di magazzino, la cedeva a 115.000 lire
014 – La Zephir Luxus fra diverse scatole di cartucce in .22 LR che i meno giovani riconosceranno di certo: ben cinque le proposte della Fiocchi dalle Standard alle Carab. Beretta (ottime in poligono), dalle Long “Z” alle Ultrasonic per finire con le Expansive. Per la caccia, allora permessa, le Eley High Velocity (scatola piccola rossa e nera) erano le nostre preferite coniugando potenza e precisione