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La meccanica inventata da Mauser alla fine del XIX secolo per i suoi fucili militari è stata poi adottata da una serie di armi sportive con cui la Casa di Oberndorf a/N ha sostenuto per molti decenni i desideri di una miriade di cacciatori

di Emanuele Tabasso

Nel 1898 prende avvio la produzione dei fucili militari della Mauser di Oberndorf a/N che, per la loro impostazione tecnica, rimarranno un punto di riferimento anche per i prodotti sportivi negli anni a venire. La meccanica designata con il suffisso K 98 è talmente funzionale sotto ogni punto di vista che la Casa avvia quasi immediatamente una produzione parallela di fucili sportivi basati su tale soluzione. La magnifica realtà è sotto agli occhi di tutti i concorrenti e la Mauser, anziché riservarsi tale ritrovato, ne assicura la vendita a tutte le aziende che ne fanno richiesta: e ci sarebbe da riempire una pagina nominandone la gran parte, ma ci limitiamo a citarne alcune come la Fabrique Nationale di Herstal o la Holland & Holland piuttosto che la J.P. Sauer & Sohn e la Brno. La produzione si avvia proprio dalla fine del XIX secolo proseguendo sino al termine della II GM. Nel periodo fra i due conflitti molti accedono alle realizzazioni militari e sono molte quelle  basate ad esempio sulle meccaniche DWM, considerate fra le più accurate nel settore specifico. Qui è bene notare come la differenza maggiore fra le due linee di produzione fosse proprio nelle tolleranze più strette (non tutte le produttrici belliche applicavano gli stessi standard) e nelle finiture più accurate, sovente con intercambiabilità di pezzi: oggi parlando di simili prerogative e osservando dei K 98 militari delle aziende di maggior pregio e degli anni migliori per i clienti più pretenziosi (un po’ come per i grandi vini) si viene presi già dallo stupore: osservando poi certi esemplari sportivi degli Anni 30, come è capitato a noi parecchio tempo addietro, lo stupore si muta in  commozione per com’era inteso il binomio lavoro e prodotto. Certo i costi erano altra faccenda, i gusti e le sensibilità diversamente orientate dall’oggi, ma non si può cacciare dalla mente il concetto che non sempre il dopo sia progresso. Conquistato sul campo il titolo di laudator temporis acti proseguiamo nelle considerazioni su questo fucile scovato dal caro amico Paolo Silvano dell’armeria Berrone in Alessandria (0131 25 42 44), un Mauser Sport stutzen perfettamente conservato. La fabbricazione è del 1945 poi, nel dopoguerra, l’arma è stata bancata nuovamente e si nota il punzone 853 che indica il controllo effettuato nell’agosto del 1953.

Leggero e elegante

Molte sono state le lunghezze di azione degli esemplari sportivi: la più diffusa era quella codificata dagli statunitensi in 8,75” (22,225 cm) ed è quella che troviamo sui fucili camerati per la cartuccia base dei Mauser, la 8×57 IS. Si ha cognizione di ben venti diverse misure adottate nel tempo dall’azienda tedesca e il De Haas indica quelle preminenti con una corta da 8.0” (20,32 cm) adatta alle cartucce simili alla 6,5×54 Mann. Sch. derivata dal modello militare per il Messico e specifica per la cartuccia proprietaria 7×57, con una lunghezza di 8.50” (21,59 cm). A fianco la misura definita lunga da 9.25” (23,50 cm) per le cartucce della classe del .30-06 Sprg. Giusto per citare due epigoni nell’impiego di queste meccaniche segnaliamo come la FN adottasse la misura di 8.75” mentre la Brevex quella Magnum da 9.50” (24,13 cm).

Ciò detto osserviamo il bell’esemplare momentaneamente a nostre mani. La caratteristica che balza subito agli occhi è la leggerezza di linee e di forme, nonché di peso in sintonia con le forme di uno stutzen dove la canna è lunga solo 51 cm (20”): diversi gli allestimenti esterni con sezione tonda leggermente rastremata, ottagonale oppure mista, quindi con la parte verso la culatta sfaccettata e tonda verso la volata. Per i modelli con calciatura tradizionale si impiegava quasi sempre la canna da 61 cm (24”); non mancavano già allora modelli con la canna scanalata. La calciatura in noce e in pezzo unico vede il calcio con appoggia guancia, nasello sottile e rilevato, dorso lineare, coccia inclinata nell’impugnatura a pistola piuttosto allungata, calciolo in corno nero. Sul sottocanna con l’apice a legno, senza l’interposizione di un bocchino metallico, si poggia l’ispessimento cilindrico ad anello calzato alla volata: questo particolare reca lo zoccolo a rampa in funzione di base per il mirino a grano con visuale tonda in ottone e possibilità di scostamento sulla base. Proseguendo in tema di organi di puntamento si nota, dopo la prima rastremazione della canna prossima alla culatta, un altro anello su cui è montata ad incastro la base prismatica della tacca di mira con una foglietta fissa per i 100 m ed una seconda abbattibile per i 200 m. Si ha così una doppia visuale per l’alzo mentre la regolazione in deriva avviene tramite la base a coda di rondine: sulla robustezza del complesso non si possono nutrire dei dubbi. Non manca un’ottica Ajac 4×90 fissata su basi saldate e dotata della sola regolazione in verticale con tamburo zigrinato e vite di fermo su cui agire prontamente alla bisogna: un long range dell’epoca, ecco forse non proprio preciso come gli attuali…

L’azione K 98

Siamo arrivati alla parte significativa dell’insieme. L’azione di media lunghezza si mostra ovviamente ben compatta e l’impressione è avvalorata dal manubrio corto, piegato e con  nocca tonda aderente al fusto. La parte del castello vede l’anello anteriore, in cui è avvitata la canna, collegato dai due fianchi al ponte posteriore: ampia la finestra di espulsione centrale attraverso cui si inseriscono le cartucce nel magazzino fisso, sciolte oppure con le lastrine militari: il fianco sinistro riporta l’incavo in cui va a finire il pollice arrivato a fondo corsa nell’operazione. L’otturatore che ha creato la fama del complesso è ancora realizzato da un pezzo unico, manubrio compreso, per successive operazioni di fresatura: si compone del cilindro da cui sporgono le due alette in testa contrapposte che chiudono in altrettante mortise ricavate all’interno dell’anello: al cilindro è collegata con un anello flottante la lunga lamina elastica che all’apice reca l’unghia dell’estrattore; nell’aletta di sinistra troviamo una fresatura longitudinale in cui passa, nella traslazione retrograda, la lama di contrasto del’espulsore, fissato al castello. Nella porzione posteriore del cilindro sporge un’ aletta quadra che si impegna nel fondo del ponte in funzione di terza chiusura. Esternamente si nota la base contro cui ruota il manubrio foggiata a scudo parafiamma, poi rastremata dove sporge il codolo del percussore quale avviso di meccanica armata: al di sopra è inserita la sede a tubetto della sicura detta a bandiera. La leva può assumere tre posizioni con le seguenti funzioni: 1) fuoco, 2) blocco di scatto e percussore lasciando la manovrabilità dell’otturatore, 3) blocco totale. Nella posizione di mezzo l’aletta risulta un po’ alta e l’evoluzione dovuta alle ottiche montate sempre più basse è stata di riproporre su un asse verticale il dispositivo (esempio primario il Winchester 70).

Eccellente tuttora l’estrattore positivo che afferra la cartuccia con la poderosa unghia già nel primo scorrimento nel caricatore e non la sgancia più fino al movimento di espulsione, nemmeno capovolgendo il fucile o facendo avanti e indietro, pensando di riarmare, come è ben successo a parecchi di fronte alla carica di un selvatico pericoloso. Sono scongiurate le doppie camera ture con una cartuccia in camera e un’altra piantata di traverso.

Procediamo con il magazzino cartucce, fisso e con coperchio inferiore svincolato  da una levetta con aggancio al rebbio anteriore della guardia: aprendolo si pongono a vista la molla a W e la suola elevatrice estraendo le eventuali cartucce presenti: il tutto acciaio ovviamente è la regola. Da ultimo lo scatto proposto nelle due versioni base per i modelli sportivi: diretto con grilletto singolo oppure con stecher a due grilletti, il meccanismo adottato da questo stutzen. La sagoma dei grilletti è peculiare e l’abbiamo ancora rivista e sommamente apprezzata nei Mauser Europa 66 dove la precisione dell’impianto rimane ai vertici dei desideri degli appassionati. Oggi molti vanno al seguito degli USA con scatto diretto e grilletto singolo anche per fucili/calibri da tiro a lunga distanza: è bello poter variare così noi restiamo fedeli sostenitori nelle circostanze citate allo stecher classico. Per chiudere spendiamo poche parole per la cartuccia adottata: che dire dell’8×57 IS che non sia già stato detto e ridetto? Da noi per la caccia è stato a lungo messo da parte dal .30-06 Sprg. mentre ha proseguito la sua strada nei Paesi dell’Est Europa, oltre che in Germania e Austria: troviamo che non abbia quasi nulla da invidiare al competitore d’oltre oceano che ha goduto senz’altro di qualità intrinseche ben note, avvalorate a usura dall’aver vinto la guerra. A noi personalmente la vecchia ordinanza tedesca piace moltissimo tuttora e l’abbinamento con questo Mauser, svelto e leggero all’occhio, ci porta idealmente a una caccia alla cerca dell’ungulato dove il potere d’arresto alla medio breve distanza si pone come l’asso nella manica.

Dida

001 – Dalla vista intera si apprezzano le forme snelle e funzionali del Mauser sportivo

002 – La parte centrale del fucile con castello e otturatore in evidenza

003 – Ponte con la relativa base dell’ottica, manubrio con braccetto piegato e nocca tonda, tappo apicale dell’otturatore: da dx a sx scudo parafiamma, sede della sicura a bandiera, codolo del percussore

004 – Otturatore parzialmente arretrato: davanti al braccetto sporge il quadrello della terza chiusura. Si nota la lamina dell’estrattore dalla particolare tempra rossastra

005 – Nel fianco sx del castello è praticata la smussatura per calcare a fondo le cartucce inserite in una lastrina. Dietro, sotto al ponte, la leva per lo svincolo otturatore a fondo corsa

006 – Sulla canna è punzonato il calibro 8×57 con la S che indica il diametro di canna per la palla da 8,2 mm e poi i numeri che segnano la seconda bancatura avvenuta nell’agosto del 1953

007 – Un tubetto calettato a caldo sulla canna regge la robusta tacca di mira con foglietta fissa per i 100 m e una mobile per i 200 m

008 – Lo zoccolo porta mirino è composto da un tubetto, calettato sulla volata, e da una rampa zigrinata: il  mirino a grano con visuale tonda in ottone è posto in una coda di rondine per cui sono possibili gli scostamenti. Le fresature longitudinali accolgono l’eventuale tunnel paraluce

009 – La torretta unica di regolazione dell’ottica Ajac: è possibile la messa a zero da cui partire per compensare la caduta della palla

010 – La canna con le mire aperte e la fascetta posta a 2/3 della lunghezza per il fissaggio della maglietta porta cinghia

011 – Il robusto fondello convesso del magazzino cartucce con la levetta di apertura

012 – La meccanica interna del magazzino cartucce con la molla a W fissata da una parte al fondello e dall’altra alla suola elevatrice

013 – Guardia in acciaio di buon disegno e lo stecher a due grilletti di forma peculiare: la vite interposta varia il peso di sgancio, solitamente situato fra i 250 e i 300 g

014 – Il calcio in noce chiara presenta linee classiche con pistola allungata e coccia inclinata, nasello sottile e dorso di buon spessore con il rilievo dell’appoggia guancia

015 – Per esigenze storiche e fotografiche abbiamo adottato questa vecchia scatola di cartucce RWS 8×57 J: il suffisso indica come i proiettili, i validi H Mantel con ogiva in piombo scoperto, siano adatti alle canne con la foratura ristretta per palle da 8,02 mm. Sparandole in questa Mauser non ci sarebbero pericoli, ma senz’altro una diminuita precisione.