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La Casa di Suhl rimane l’unica della zona a proporre tutta la tipologia di armi lunghe con canne lisce e rigate così i suoi sovrapposti a pallini si rivelano tuttora una pietra miliare dell’archibugeria di pregio

di Emanuele Tabasso 

Merkel sovrapposto 203

Gli acquisti di fucili di pregio effettuati degli amici fanno felici anche noi che partecipiamo all’evento armati di molta attenzione e della inseparabile Nikon per redigere un servizio di immagini. Al TAV “Città di Torino” presso Settimo T.se, magistralmente condotto dall’amico Ivan Scena (338 409 6692) si è nell’ottica giusta per trattare simili argomenti anche se i frequentatori sono per lo più dei tiratori di piattello, quindi dediti ai fucili più innovativi, ma fra costoro non mancano gli intenditori dei pezzi datati e con una storia da considerare. Per l’ennesima volta affermiamo come la Merkel sia una di quelle firme che suscitano in noi un particolare entusiasmo e il disporre di un pezzo della sua produzione si rivela una festa, specialmente se si tratta di quei misti in cui è maestra o dei sovrapposti a canne lisce a cui deve precipuamente la sua fama. Dal 1896, anno della fondazione, in avanti l’azienda si è specializzata con il suo progetto che viene considerato uno dei tre pilastri del sovrapposto moderno, insieme a quelli di Boss e di Browning FN. Fra le caratteristiche peculiari e meno apparenti ricordiamo il sistema di giunzione delle canne effettuato in demibloc con uno speciale e brevettato impianto di saldatura delle bindelle detto Weichlot estremamente preciso e scevro da rischi per la struttura molecolare delle canne stesse.

Focalizzandoci sulla produzione dei sovrapposti nel cinquantennio iscritto fra il 1920 e il 1970 si nota come la scansione data dal fabbricante preveda quattro modelli: i primi due denominati 200 e 201 sono impostati sulla bascula corta con batterie Blitz, chiusura Kersten con i due prolungamenti superiori e traversino tondo (in pratica il raddoppio di una terza Greener) mentre ai due tenoni inferiori va il solo compito di tenuta oltre a quello di rotazione delle canne. Fra i due modelli cambiano le finiture e i gradi d’incisione. Fin qui due fucili che rappresentano già un grado notevole di finezza costruttiva, oltre che di progetto su cui non stiamo a spendere altre parole: gli appassionati ben sanno tutto quanto anche perché negli Anni 60 soprattutto, hanno avuto da noi una certa diffusione. Poco sopra abbiamo citato un arco temporale in cui la classe della Casa era ben percepibile nella tiratura dei componenti: diremo che tra la fine della I GM e i primissimi Anni 70 si era mantenuto lo stile aziendale forse anche perché Suhl era nella Germania Est con tutte le conseguenze del regime comunista sui costi produttivi, contenuti a livelli tali da consentire un lavoro molto ben fatto con massimo apporto di mano d’opera archibugiera altamente specializzata senza sforare nelle quotazioni di vendita. Poi anche là le rivendicazioni del personale si sono fatte sentire e la qualità delle tirature dei particolari, la scelta dei legni e i due colpi in più di lima si sono persi per strada, almeno per i modelli di caratura inferiore. Non così per quelli superiori, i Modelli 203/E e 303/E immediatamente riconoscibili dalle bascule con acciarini su piastre laterali, smontabili a mano. Qui la differenza pare poca cosa, ma in realtà il salto fra i due modelli è notevole e già lo si notava nel leggere i listini. Ecco la realtà dei due impianti di tenute e chiusure: il 203 è identico al 201, quindi Kersten e due tenoni inferiori, con mortisa aperta per il primo e cieca per il secondo, che contrastano l’avanzare delle canne sotto sparo mentre nel 303 alla Kersten si somma una doppia Purdey ai tenoni che presentano quindi gli scassi posteriori in cui si inserisce il tassello mosso dalla chiave; inoltre qui le due mortise sono entrambe passanti. In definitiva una chiusura incrollabile che, per quanto abbiamo verificato in questi decenni, veniva applicata soprattutto per gli esemplari da pedana, piccione o piattello che fosse, destinati a sparare migliaia e migliaia di colpi a piena carica da 36 g di pallini. Il 203 era più consono, anche per la quotazione, a un bel numero di cacciatori che fruivano di un peso poco più leggero pur disponendo di una meccanica di estrema affidabilità e di un aspetto ai massimi livelli. Va detto che qui da noi la battaglia mentale fra i sovrapposti a bascula bassa e stretta, come gli stupendi Beretta SO, o quelli a bascula bassa e larga come i Perazzi che mutuano l’impianto del Boss, e quelli mitteleuropei come appunto i Merkel e gli FN Browning non si è mai esaurita e ancor oggi è in atto. Noi riusciamo a non creare dualismi inopportuni apprezzando esteticamente entrambe le formule.

Il sovrapposto Merkel 203/E

Oggi nei fucili da caccia usati è possibile accedere a firme di valore spendendo relativamente poco: la stanchezza del mercato, la ridotta disponibilità di denaro da parte di una cerchia sempre maggiore di persone finalizzano le spese su entità di primario interesse: magari qualcuno vorrebbe stoccare in giardino un bel volume di gas piuttosto che porre in rastrelliera un ennesimo fucile di pregio. Purtroppo diciamo noi perché il divenire sta cancellando nella mente dei più quella cultura in senso lato, frutto di tempi lunghissimi che quasi certamente non si riproporranno. Ben venga quindi chi riesce a mantenersi su tale onda culturale e compra un fucile usato da cui trarre gioia per gli occhi, per le dita (passandole sulle tirature a specchio) e per lo spirito con la rottura dei piattelli o la coppiola alle starne. Sull’esemplare che abbiamo di fronte abbiamo controllato immediatamente i numerini riportati sulla culatta delle canne da cui dedurre mese e anno di produzione: 865 incasella la fattura del pezzo nell’agosto del 1965, quindi ancora in ottime annate. Caso vuole che un 201/E presente nelle immagini a corredo del brano sia del giugno dello stesso anno quando ancora tutto filava in una certa maniera. A maggior ragione un 303/E, finito nel dicembre del 1939, esprime al massimo la raffinatezza della superba mano d’opera dell’azienda che, in quegli anni, contava circa 1550 dipendenti: allora solo una sceltissima quindicina di costoro realizzava i non molti 303 centellinati poi sul mercato internazionale. Una considerazione effettuata dai massimi esperti del campo afferma che il pregio del pezzo si evince anche dalle incisioni,solitamente a girali ombreggiate con maestria: minore è la loro sezione e maggiore è la classe del fucile.

L’estetica del 203/E

Abbiamo esposto l’architettura di questo fucile e ora passiamo a sottolinearne i punti qualificanti dell’estetica. Colpo d’occhio insistito e prolungato sull’insieme bascula e culatta delle canne visto di fianco. Due gli elementi che più colpiscono l’attenzione: il primo rappresentato dai rinforzi laterali che partono dalla testa discendendo fino a curvarsi in avanti e sviluppandosi nella porzione orizzontale. Gli spessori, le curvature, i raccordi con il corpo centrale sono magistralmente calcolati e perfettamente eseguiti: da notare come per dare slancio a tale elemento il suo profilo termini con una minuscola parte staccata ricavata dal fianco del testa croce. Rimanendo in zona si nota la vite di giunzione al legno fermata da contro vite così come quella sulla mezzeria della bascula che interessa la meccanica interna: i fili di giunzione sono perfetti e gli spacchi fini sempre orizzontali in analogia con quello maggiore della vite di fissaggio del perno di rotazione delle canne. Stesso apprezzamento per l’incastro del tassello della terza chiusura nel rinforzo laterale: lavori di fino eseguiti con maestria. Il secondo punto che cattura l’occhio è la strombatura delle canne alla giunzione con la faccia di bascula, e da cui sono ricavati i due prolungamenti della terza chiusura. La modellatura risulta di raffinato disegno includendo l’arrotondamento orizzontale di raccordo con la canna superiore. Passiamo alle cartelle laterali che racchiudono gli acciarini a doppia stanghetta di sicurezza: è vero che l’altezza totale è abbastanza pronunciata, ma rifiutiamo di considerare tale parametro come il perno ideale attorno a cui ruoti il giudizio estetico: l’insieme offre innanzitutto una spiccata personalità e insieme notevoli tocchi magistrali di eleganza formale. Nella parte inferiore si notano i due pernetti lucidati e con barretta trasversale che fungono da indicatori di meccanica armata mentre nella cartella destra risulta ben evidente la levetta a vite per lo smontaggio delle piastre: un’osservazione mirata scopre innanzitutto la brunitura che la stacca dalla finitura ad argento vecchio della cartella stessa, e poi lo speciale zigrino della parte tondeggiante formato da una serie di spicchi con andamento a spirale intersecati al loro  esterno da un’altra incisione, sempre spiraliforme, con cui si creano le cuspidi del profondo zigrino. Immaginare il costo odierno di un simile piccolo capolavoro dà un brivido.

Il dorso è piuttosto semplice e mancano nastri o filetti: non di meno rimangono assai apprezzabili la linea appena convessa e i bordi arrotondati nel raccordo con i fianchi. Il bell’ovale della guardia racchiude i due grilletti e la superficie esterna esibisce una caratteristica incisione su brunito, di pregevole effetto e di non facile esecuzione; la codetta inferiore si prolunga nella curva dell’impugnatura. Ancora da osservare la testa di bascula con la caratteristica forma data dai profili dei due rinforzi laterali in cui si ricavano le mortise per i prolungamenti della chiusura, la chiave dal disegno austero e funzionale con la vite perno dallo spacco fine e la contro vite di bloccaggio; al di sotto si distende la codetta superiore a due ordini, rastremata con garbo. Delle canne si apprezza la tiratura interna ed esterna del tutto priva di onde o altri difetti, traguardare su una retta d’ombra cerziora sulla perfetta raddrizzatura e seguire le bindelle e i triangoli alla bocca dà l’idea che il sistema Weichlot sia un qualcosa di adeguata funzionalità. La tiratura delle parti interne è quasi tutta a specchio, compresa la meccanica degli estrattori automatici inserita nel testa croce. Da ultimo un senso di rispetto per l’incassatore, il personaggio che crea nel legno le sedi per le parti meccaniche: scorrere con la vista i vari profili, dalle rotondità delle cartelle alle sinuosità della parte inferiore della testa del calcio, sempre senza scoprire fiati o manchevolezze di sorta, è un fatto rassicurante. La mano d’opera dell’epoca era davvero a livelli eccellenti per la gioia e la soddisfazione di una clientela esigente e conoscitrice.     

Magari in un prossimo incontro potremo effettuare la prova in pedana per riscoprire la perfetta bilanciatura del fucile e il suo naturale venir alla spalla: caso vuole che le misure di questi Merkel venatori siano usualmente perfette per la nostra complessione.

Dida

001 – (apertura) – L’inconfondibile sagoma del Merkel in una delle sue varianti con acciarini su piastre laterali: teutonico certo, ma di gran classe

002 – Il fianco destro di bascula con la levetta brunita per lo smontaggio manuale delle cartelle: il chiaroscuro delle girali incise qui risalta in modo particolare

003 – Il dorso non presenta particolari ricercatezze estetiche e tutto si affida alla leggera convessità dell’insieme e ai raccordi stondati con i fianchi dove spicca l’incisione dei rosoni che contornano il perno. Si nota il primo tenone passante brunito e inciso a semplici motivi geometrici

004 – Da dx a sx la testa di bascula con la doppia rotondità e le sedi della Kersten, la linea a Y dov’è inserita la chiave di pregevole fattura con vite e contro vite di fermo, la codetta superiore rastremata su cui è inserito il tasto a rilievo e zigrinato della sicura

005 – Il particolare della testa di bascula merita un primo piano ravvicinato per meglio osservare i particolari e la loro fattura

006 – Altro elemento caratteristico dei Merkel è l’astina in tre pezzi: i due superiori fissati al gruppo canne con tre viti per parte, tutte con leggera incisione e disposizione orizzontale dello spacco fine

007 – Per prima cosa è da osservare la linea del legno, qui nella parte inferiore della testa, sia nella sinuosità della giunzione al metallo che nello sviluppo tra cornice e impugnatura. In secondo luogo è pregevole l’insieme della guardia e della codetta inferiore: l’incisione su brunito è difficile da eseguire nobilitando il pezzo su cui è realizzata

008 – Osservando i particolari: i volumi e poi la linea del rinforzo laterale prolungato nel suo apice in un minuscolo rilievo ricavato dal fianco del testa croce; il profilo di quest’ultimo con vite e contro vite di fissaggio che fanno coppia con le due poste a metà della bascula. Poi la strombatura in culatta delle canne con il raccordo arrotondato fra quella inferiore quella superiore

009 – Fucile aperto per apprezzare la fattura dei gambi degli estrattori, il secondo tenone e i prolungamenti della chiusura superiore con il tassello sporgente dal rinforzo laterale

010 – Diversi particolari da notare dedicando la massima attenzione al tassellino pivotante nel rinforzo destro, per la rimessa al centro della chiave a fucile smontato, e poi la capocchia della leva per smontare le piastre. Il gioco di incavi e spirali è quasi magico

011 – Le canne da 71 cm sono realizzate con acciaio Böhler di elevata qualità: di qui il contenimento del peso in circa 3200 g, che per un sovrapposto con acciarini laterali è un bel risultato. La bindella è piena

012 – L’inconfondibile calcio del Merkel in noce cecoslovacco dalle venature brune con sprazzi giallo oro è mortificato da una imprimitura di fondo di cui la Casa non riusciva a far a meno. Piace anche così perché ha una sua personalità avvalorata dall’appoggia guancia, dal nasello sottile, la pistola allungata e di media curvatura, coccia in bachelite nera con due finissime viti di fissaggio, maglietta raffinata del tipo a perno riportato

013 – Calciolo con il marchio della Casa, realizzato in bachelite nera, come la coccia, fissato con due viti con leggera incisione e a spacco fine orientato in verticale

014 – Nella guardia spiccano i due grilletti in metallo chiaro, oggi con qualche segno del tempo trascorso: comodi all’uso, il primo naturalmente snodato, con pesi fra i 1350 e i 1700 g

015 – La linea caratteristica del pulsante della chiave: non sarà elegante come quello degli inglesi, ma si rivela davvero funzionale. Da apprezzare l’incassatura della cartella nella testa del calcio: non si nota il minimo fiato ad onta dei quasi sessant’anni trascorsi

016 – Altra opera magistrale di incassatura si osserva nella parte esterna del sistema Aoget per lo svincolo dell’asta dalle canne. Lo zigrino rigorosamente manuale con cuspidi ben rilevate è del tipo medio fine, adatto alla caccia

017 – I tre gruppi canne dei Merkel: dall’alto in basso i Modelli 201/E, 203/E, 303/E bancati rispettivamente nel giugno ’66, agosto ’66 e dicembre ’39. Fra i due ultimi si nota la differenza nei tenoni: in alto solo per tenuta, in basso anche per chiusura con le mortise per la slitta della doppia Purdey

018 – Dall’alto in basso le bascule del 203 e del 303: nella seconda si nota come entrambi i tenoni siano passanti e sotto al traversino, ricavato di blocco dal corpo interno della bascula, scorra la slitta di chiusura. Nel 303 del ‘1939 non c’è ancora il fermo alla chiave: nel rimontaggio delle canne lo sperone cuneiforme ricavato dal primo tenone spinge indietro la slitta facilitando l’operazione

019 – Le bascule dei due modelli dotati di acciarini su cartelle mostrano le differenze di incisione: il 303 è dotato di monogrillo e del calcio con impugnatura all’inglese all’epoca diffusi per il tiro al piccione