Negli Anni 70 la Perazzi sta già praticando da tempo il surf sulle onde della celebrità nelle pedane di tiro a volo e i suoi modelli sono nelle mani dei migliori tiratori del mondo
di Emanuele Tabasso
La storia della Perazzi è un lungo solco profondamente inciso sulle pedane di tiro in ogni parte del globo dove i piattelli colorati vengono frantumati dalle precise rosate dei sovrapposti pensati e costruiti nella moderna azienda di Botticino Mattina vicino a Brescia.
Nel corso del tempo sono stati parecchi i modelli espressi per consentire agli agonisti di salire sui tre gradini del podio e agli appassionati di perfezionare le loro prestazioni: qualche modello ha saputo conquistare poi più di altri l’animo di quei personaggi che, dalle pedane, si sono avvicinati al collezionismo dove il nome Perazzi, anzi sovente MAP, fa scattare la caccia all’esemplare dai punzoni giusti, la sigla appunto è fra questi, con un non so che di affascinante. Siamo riusciti grazie al Prof. Pietro, amico che ha sviluppato in questi ultimi anni una conoscenza e una passione notevoli per i bei fucili, a disporre di un Perazzi Mod. SC1 approfondendo la nostra scarsa cultura nel settore dei sovrapposti da pedana. Una puntuale e gradita precisazione ci è stata fornita dal caro Gianluca Garolini, personaggio troppo noto per parlarne qui e titolare affezionato proprio di un Perazzi SC1 del ’69 mentre l’esemplare momentaneamente a nostre mani è di due anni più anziano, quindi del ’67. E’ da sottolineare l’impostazione tecnica di questi sovrapposti nati, a suo tempo, con le caratteristiche di base dei Boss inglesi e già tanto basterebbe a conferire loro una patente di nobiltà: ma la realizzazione della Perazzi avvalora ulteriormente il titolo nobiliare con un’esecuzione irreprensibile e, soprattutto, funzionale al massimo per la pedana. Non mancano nella produzione i modelli da caccia, ma è proprio il terreno agonistico dove schizzano i piattelli a rendere noto nel corso degli anni il nome dell’azienda e la sua sigla MAP, come Manifattura Armi Perazzi.





Definito il teatro su cui il fucile deve recitare, in azienda si è continuamente sul pezzo, per dirla alla maniera dei giovani, per aggiungere quel qualcosa che favorisca il raggiungimento del risultato. La fattura delle canneCilindro metallico di diversa lunghezza e calibro, deputato ... Leggi parte dalle barre di acciaio specifico, lungamente stagionate perché anche nei metalli destinati a questo fine tale attenzione si rivela assai favorevole. Non si può nominare Perazzi senza abbinare il nome di Ennio Mattarelli che alle Olimpiadi di Tokyo nel ’64 aveva portato alla medaglia d’oro un fucile della Casa, che allora era ancora Perazzi & Fabbri. Ma tant’è, l’impostazione tecnica quella era e quella è rimasta rappresentando tutt’oggi una perfezione insuperata. Proprio da Mattarelli l’amico Garolini aveva lucrato la segnalazione della scelta delle barre di un acciaio specifico prodotto in Svezia, e qui azzardiamo come arrivasse dalle mitiche miniere di Kiruna, sempre all’avanguardia per l’eccellenza della materia prima. Tutto il lavoro a seguire parte dal presupposto per cui l’insieme borra e pallini, spinta dalla pressione generata dallo sparo, compie il suo percorso in una canna che subisce una dilatazione elastica e proprio la composizione del materiale è funzione primaria dell’armonia del movimento. Si dice che le canne vivacizzino le rosate, una locuzione difficilmente traducibile, ma che i competenti sanno già apprezzare a partire dalla sensazione del rinculo. Se un’ottima canna rigata risulta una bella somma di tecnica meccanica programmata e verificabile numericamente, una canna liscia di pari levatura difficilmente sottosta ad analoghi parametri: la nota del Col. Hawken sulle canne dei Manton asseriva che la magia esiste e i Manton congiurano con essa.




Poi la foratura vede adottare quei due valori che ne determinano la riuscita: sezioni e conicità. Da queste misure gli spiritelli che regolano le rosate agiscono con maggiore specificità così come l’impostazione delle masse, specie quella posta fra le due mani del tiratore, determina, favorisce, aiuta chi imbraccia il fucile eseguendo quello che Churchill definiva lo swing cioè il moto traslante che anticipa il percorso del piattello e, se tutto va bene, lo interrompe bruscamente inviando i pallini all’incontro con il bersaglio. Tenute e chiusure del tutto analoghe con quelle originali di Boss esprimono una longevità straordinaria dell’impianto e minimizzano l’impennamento, favorendo il mantenimento in mira per l’eventuale secondo colpo. Tornando alle canne la lunghezza è un altro parametro dove la moda, il gusto, lo spirito conducono a variazioni nell’ambito di pochi centimetri: l’esperienza di Garolini indica nei 74 cm la misura ottimale in cui si fondono giustezza nella punteria, maneggevolezza e rendimento balistico. Ben poco si è visto al di sotto di tale limite mentre le misure di 75 e 76 cm hanno avuto una discreta diffusione; rammentiamo poi come parecchi decenni fa il mai dimenticato “Bindellone”, il B25 da trap della FN Browning, avesse in opzione le misure da 81 e addirittura da 86 cm che, per celia, godevano del vantaggio di avvicinarsi maggiormente al bersaglio.




Perazzi sc1 Un’occhiata all’insieme
Dalle immagini a corredo del brano si potranno osservare diversi punti delle parti metalliche attaccate da ossidazioni: l’esemplare ha subito brutte vicissitudini prima di venir ritrovato dopo un furto e non sempre si è voluto ripristinare lo stato iniziale se questo comportava una perdita dell’originalità. Ciò detto la bellezza tecnica ed estetica di questo SC1 rimane in tutto il suo valore: la calciatura in due pezzi mostra un noce di ottimo aspetto con venature brune allungate nel giusto verso longitudinale mentre le sezioni e le rotondità, si veda il dorso dove appoggia la guancia, l’impugnatura a pistola o l’asta calzano a perfezione nel fisico del tiratore. Un altro piccolo particolare caratterizza il modello: il saltino o sopraelevazione a una diecina di cm dall’inizio della bindella ventilata. Sembra un niente, ma nell’impiego si era rivelato da subito un vantaggio notevole nell’acquisizione della punteria: e poi, come sovente accade, alla funzione si unisce l’estetica per la gioia degli appassionati. Il complesso bascula e culatta delle canne ripropone l’impianto del Boss: ad alcuni piacciono le bascule più strette, ad altri i seni più pronunciati, ma questa impronta fa parte, insieme a quella di Merkel e a quella di Browning, della triade su cui poggia il sovrapposto moderno.
Per concludere diremo di un altro particolare per cui i Perazzi sono stati fin dagli inizi molto appezzati: il gruppo di scatto estraibile e sostituibile in pochi secondi. Le molle a V, celeri oltre ogni dire nel muovere i cani, qualche volta potevano rompersi: la Casa offriva il meccanismo completo per garantire al tiratore il prosieguo della gara. Riandando a quegli anni in cui la novità era apparsa rivediamo per molti un certo ritegno nello spendere: il complesso della Perazzi non era certo di basso costo per cui sovente un gruppetto di amici, frequentatori delle stesse pedane, ne acquistava uno solo che sovveniva alla necessità del malcapitato di turno.
Dida
001 – (apertura) L’inconfondibile linea del Perazzi
002 – Con le canne basculate si osserva il rampone laterale caratteristico dell’impianto di tenuta e chiusura adottato dal Perazzi
003 – Sul monobloc di culatta la scritta Manifattura Armi Perazzi – Brescia: una formidabile realtà industriale che deve parimenti molto a un artigianato di classe
004 – Sul fondo del monobloc i punzoni aziendali e del BNP fra cui l’anno di produzione XXIII che corrisponde al 1967. Da notare le superfici di ingaggio dei tenoni con profilo a coda di rondine: una raffinatezza meccanica
005 –La chiave dalla linea elegante e funzionale si pone sul profilo rastremato della codetta superiore di bascula al cui apice sporge il tasto della sicura
006 – All’interno della bascula si osservano i semiperni con le piste a camme degli estrattori, sul fondo il puntone di armamento, sui fianchi i trapezi di contrasto ai tenoni. Nella faccia sono presenti di fori dei percussori e sporgono le sezioni quadre dei due rebbi del tassello di chiusura. Apprezzabili gli spessori di parete dei fianchi che formano la tavola
007 – Fianco del monobloc con gli estrattori, gli ispessimenti dei piani di bascula, i tenoni e il leveraggio degli eiettori
008 – L’astina ad ampia sezione tondeggiante e con scalfature superiori longitudinali consente la giusta presa per il brandeggio
009 – Il calcio presenta sezioni importanti, nasello elevato, dorso arrotondato e stop Montecarlo, la pistola allungata mostra una sezione scampanata per una ferma postura della mano
010 – Il Sig. Filippo mette in bella vista il fucile Perazzi SC1 sullo sfondo del TAVAcronimo di Tiro a Volo. Può indicare sia un centro dove vi... Leggi “Città di Torino” a Settimo T.se
011 – Il “saltino” della bindella che caratterizza questo modello della MAP
012 – Con una pressione in avanti del tasto della sicura si svincola il gruppo di scatto
013 – Il gruppo di scatto comprensivo di ponticello e guardia può venir sostituito in pochi secondi disponendo di una analogo impianto di scorta