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Spariamo con entrambe le tipologie di fucili quindi con canne rigate e lisce a cui deve seguire una specifica operazione di pulizia con attrezzatura adeguata e materiali di sicura affidabilità

di Emanuele Tabasso

Se si è in compagnia di un amico l’operazione diventa piacevole, ma se si rimane da soli a volte risulta un poco pesante: ma tant’è, occorre eseguirla in tempi molto brevi. Parliamo ovviamente della pulizia dei fucili dopo il loro impiego a caccia o su un campo di tiro dove ci siamo divertiti a sparare e quindi a imbrattare soprattutto le canne: ma non è questo il solo punto a cui prestare molta attenzione perché tutte le parti metalliche possono andar incontro a ossidazioni, anche soltanto con il contatto delle mani, alcune predisposte per la composizione chimica del sudore a lasciare segni indelebili se non tolti con rapidità e con un buon olio detergente.

Pulizia dei fucili a canna liscia

Premettiamo che daremo consigli di massima per le pulizie ordinarie senza scendere troppo nei dettagli e nei particolari, quindi volendo c’è ben di più da fare oltre a quanto esporremo tra poco.

Partiamo dalle canne lisce, siano esse di un sovrapposto, di una doppietta o quella singola di un semiautomatico. Uno spassionato consiglio che fa base sulle nostre abitudini, parte dalla considerazione che, appena rientrati a casa dopo un’uscita a caccia o una seduta in pedana, non sempre si è in preda alla smania di dedicarsi alla pulizia totale dell’arma. E’ comunque doveroso estrarre il fucile dal fodero dove può formarsi della condensa, e deporlo sul piano di lavoro controllando un’ennesima volta che sia scarico. Di qui si passa allo smontaggio secondo la procedura classica per i basculanti con lo sgancio dell’astina dalle canne, a loro volta poi disgiunte dalla bascula: le tre componenti sono pronte per l’avvio del lavoro. Un poco diversa l’operazione in un semiautomatico dove usualmente si svita il tappo apicale che consente di sfilare l’astina e in sequenza la canna: già così si è a buon punto per intervenire, ma se il modello lo permette sarà bene mettere a giorno anche l’otturatore con la propria bielletta per una pulizia più accurata. Partiamo dunque dalle canne segnalando come la maggioranza delle produzioni attuali sottoponga il loro interno a cromatura per evitare il più possibile le ossidazioni dovute principalmente alla trascuratezza nella pulizia. Fucili fini di parecchi decenni fa non adottavano tale procedura ritenendo che  l’elasticità del materiale ne risentisse influenzando negativamente la regolarità della rosata. Partiamo dalle canne cromate, quelle che si incontrano con maggior frequenza di questi tempi: come inizio una bella spruzzata di olio per armi, il Ballistol per esempio, è un corretto avvio, ma meglio ancora per aggredire i depositi dello sparo è l’impiego del liquido WD-40, idrocarburo aromatico con le prerogative di detergente, anticorrosivo, lubrificante, sbloccante e idrorepellente. Una consistente spruzzata viene lasciata agire per alcune ore a cui seguono diverse passate con pezzuole a giusto forzamento per nettare la superficie interna fino a che non escono pulite: tale procedura è già un primo passo di notevole importanza. Se si nota qualche ombra di deposito o si devono trattare canne non cromate, o ancora se si evidenziano striature in volata lasciate dai pallini di piombo occorre agire con uno scovolo in bronzo fosforoso, con qualche goccia di detergente, montato su di una robusta bacchetta in legno o in acciaio, curando in quest’ultimo caso di non strusciarla pesantemente contro l’anima, e appresso la solita teoria di straccetti per togliere lo sporco. Sovente in luogo degli straccetti usiamo la carta per uso domestico, quella più spessa e più assorbente, opportunamente tagliata e ripiegata proprio per creare attrito e togliere l’olio che si è mescolato allo sporco. In alcuni casi può rendersi necessaria la procedura più incisiva: si avvolge su uno scovolo già usato e quindi assottigliato nel diametro, un poco di paglietta di acciaio finissima, noi usiamo la 4 zeri (0000) che in alterni passaggi provvederà a rendere a specchio l’anima delle canne. Da ultimo teniamo una serie di scovoli in lana, declinati nei vari calibri come quelli a spirale in bronzo fosforoso: in un apposito contenitore di bronzo rimangono già intrisi di olio o di WD-40 con cui distribuire il velo protettivo finale: l’idrocarburo aromatico ha il pregio di non formare ingrommature anche se lasciato in sito per lungo tempo. Pulire attentamente l’esterno della volata delle canne: se si spara molto, ad esempio al piattello o in una cacciata particolarmente fortunata magari in una posta alle anitre, si noterà un considerevole strato di fuliggine che opacizza il metallo: anche qui liquido detergente, passaggi con straccio e poi asciugatura rimettono le cose a posto.

Viene appresso la cura da dedicare alla bascula: la faccia con i fori dei percussori è il punto critico anche se con le cartucce odierne non si evidenziano più sfiammature o fughe di gas dagli inneschi come succedeva diverse diecine di anni fa quando si ricaricavano le cartucce con quelli a basso costo: bello risparmiare, meglio assicurarsi la funzione adeguata. E’ bene pulire con cura questi punti e, a seguire tutto il resto dell’interno bascula, magari usando uno stecco in legno appuntito per rimuovere lo sporco dagli angoli. Identica cura va posta per gli estrattori passando la punta nelle bisellature che fungono da aggancio al collarino della cartuccia; se sono presenti gli eiettori automatici occorre seguire il percorso compiuto dai gambi nelle sedi ricavate sull’esterno della culatta delle canne per i sovrapposti o sotto, fra le due canne per le doppiette. Ancora da pulire e poi oliare leggermente le superfici dei tenoni, l’ occhio e il traversino di una eventuale terza chiusura tipo Greener o Purdey. Infine ci si dedicherà a nettare tutte le superfici metalliche interne ed esterne,  con particolare riguardo a quelle a contatto con le mani come la chiave di apertura, i grilletti, la guardia e il guardamano: usiamo un pennello non troppo ampio e con setole morbide e fitte su cui spruzziamo di volta in volta il solito WD-40 passandolo nei diversi punti del fucile. Attenzione a depositare solo un velo di prodotto: asciutto è negativo come bagnato che intercetta la polvere, e quindi deve rimanervi soltanto un’ombra. Per i semiautomatici il lavoro relativo alle canne si dimezza per intuibili motivi, ma la procedura rimane la stessa; il prosieguo dell’opera risulta poi più spedita nei modelli con recupero inerziale, un poco più complessa in quelli a presa di gas dove l’imbrattamento delle parti specifiche in cui transitano i fumi richiede una cura particolare per portare tutto a sicura pulizia per mantenere il miglior funzionamento. Ugualmente da trattare con le solite procedure gli otturatori di entrambe le tipologie, con i leveraggi del movimento, le testine rotanti o con puntone a saliscendi, l’unghia di estrazione, il puntone di espulsione incassato nell’estensione di culatta della canna, il foro del percussore, le guide di scorrimento. Anche se oggi son pochi gli esemplari ancora al lavoro del sistema a lungo rinculo, ci son sempre tanti magnifici FN Auto 5 oppure, limitati nel numero per intuibili motivi di costo, i superbi Cosmi: in questi fucili non bisogna assolutamente oliare il tubo in acciaio che funge da serbatoio o da supporto anteriore su cui scorre l’anello in bronzo quale freno per il rinculo: si falserebbe il previsto attrito che limita la velocità del complesso canna/otturatore sotto sparo portando nocumento alla carcassa.  

Nella cura dei legni occorre osservare il trattamento dato in fabbrica: alcuni esemplari hanno ancora quella spessa vernice glassata su cui basta passare un panno di lana e nulla più. Quelli invece finiti a cera o a olio (oggi le aziende usano sovente un prodotto chiamato True Oil a cui può far bene una leggera passata di cera: sono disponibili in armeria prodotti appositi mentre un tempo non erano così reperibili così, seguendo le istruzioni del compianto Pietro Colombano, avevamo realizzato una mistura casalinga sciogliendo a bagnomaria un bel pezzo di cera d’api in acqua ragia fino a raggiungere la voluta densità. Lo stendiamo in quantità infima con uno straccetto lasciandolo poi asciugare per alcune ore: si termina l’opera con vigorose passate del panno di lana con olio di gomito.

Pulizia dei fucili a canna rigata

Meno complessa la procedura per le carabine, specialmente quelle con otturatore girevole scorrevole facilmente estraibile o con culatta parimenti separabile dal gruppo canna e calciatura, come i Blaser, o per i monocolpo siano essi a canna basculante o con chiusura a blocco cadente. Tutti questi sistemi consentono di agire con bacchetta e scovolo dalla culatta verso la volata passando uno scovolo in bronzo fosforoso, di quelli classici a riccio spiralato, oppure un feltrino della VFG mediante l’adattatore da avvitare in punta alla bacchetta. Questi ultimi hanno un buon potere di togliere i depositi dalla canna, anche quelli di rame delle camiciature o delle palle così composte; diversamente sarà opportuno porre sullo scovolo qualche goccia del solito detergente ricordando che ogni passata va effettuata solo verso la volata facendo uscire l’attrezzino, svitandolo, estraendo la bacchetta su cui va riavvitato. Noioso? Beh sì abbastanza, ma consideriamo che questo è il sistema per non rovinare il punto da cui dipende una quota maggioritaria della precisione intrinseca del nostro fucile: il vivo di volata o egresso della rigatura. In casi di particolari depositi di rame ci sono liquidi o paste appositi, ma puzzano terribilmente di ammoniaca verso cui abbiamo un’idiosincrasia tutta particolare. Sovvengono altri prodotti come la già citata pasta Iosso da passare con l’apposito scovolo in sintetico: la si lascia agire qualche poco (leggere attentamente le istruzioni)  e poi la si rimuove con le solite pezzuole fin che escano pulite (tempo e pazienza). Fa eccezione alla procedure indicata il movimento Martini: qui occorre munirsi di un conetto in plastica che abbia la misura esterna tale da inserirsi per alcuni mm nel vivo di volata e un foro interno in cui passi liberamente la bacchetta. Quest’ultima deve essere in sintetico per evitare comunque qualunque strisciamento metallico sulla rigatura: si agisce dunque al contrario rispetto alla norma, mantenendo aperto il blocco oscillante dell’otturatore per captare all’uscita lo straccetto e l’asola di supporto. Tornando alla procedura normale si pulisce poi bene con uno straccetto oleato l’esterno del vivo di volata e mentre si è lì conviene dare con le dita una stretta alla corona che, in molti fucili odierni, copre la filettatura per il montaggio di un soppressore di suono o di un freno di bocca. Se il particolare si allenta la precisione ne scapita non poco. Ci si dedica poi all’otturatore pulendo con cura la faccia con il foro del percussore e, usualmente, l’unghia di estrazione e il nottolino elastico di espulsione; a seguire le alette di chiusura curando che negli spigoli non si depositi della sporcizia, poi tutto il corpo e la parte apicale posteriore. Una passata all’interno del castello, sul dente di sgancio del percussore, nel bordo della finestra di espulsione: insomma tutto va ripassato con uno straccio e stendendo da ultimo il velo protettivo con il pennello. Certe finiture superficiali odierne, che definiremmo rustiche e antitutto, sono già sistemate passando solo lo straccetto sporco d’olio che ognuno di noi conserva per l’occasione sul tavolo da lavoro. Da ultimo ricordiamo che prima di un nuovo impiego dell’arma le canne vanno asciugate con alcuni passaggi di pezzuole pulite.

Dida

1 – Il materiale di primo impiego comprende da sx una matassa di lana d’acciaio n. 0000, sotto ad essa la modesta quanto pratica carta da cucina, una lattina di liquido detergente usato un tempo dall’Esercito Italiano (ottimo in particolare per le canne rigate), il WD-40 spray, le pezzuole in stoffa e il sempre efficiente Ballistol

2 – La culatta delle canne di un Beretta SO2, il tubetto di Pasta Iosso e tre scovoli: da sx quello già sistemato con la lana d’acciaio, un classico a spirale in bronzo fosforoso e uno cosiddetto a cipolla da usare con attenzione per il diametro al limite del calibro 12

3 – Lo scovolo su cui è stata avvolta la lana d’acciaio pronto a venir montato sulla bacchetta per lavorare all’interno della canna

4 – Amando i diversi calibri delle canne lisce occorre dotarsi della serie di scovoli per ogni diametro di canna

5 – Montato sulla bacchetta in legno ecco lo scovolo in lana intriso oggi di WD-40 per l’ultimo passaggio entro le canne prima di riporre il fucile in rastrelliera

6 – Il pennello a setole lunghe su cui si spruzza un poco di WD-40 serve a dare la passata finale alle parti metalliche del fucile, dopo la loro accurata pulizia: qui lo vediamo all’opera all’interno della bascula del sovrapposto Beretta SO2

7 – L’interno della bascula del Beretta SO2 mostra i tanti punti dove agire per la pulizia: dal doppio giro di cerniera ai semiperni, poi le piste a camme per l’estrazione primaria, le bacchette di armamento degli acciarini, il fondo a U e le spallature dei fianchi, le sedi dei percussori, il nottolino di rimessa al centro della chiave, le mortise e il traversino della terza chiusura Purdey

8 – Portalearmi è una miniera dove trovare anche le piccole cose come tutta la serie degli scovoli in lana ripartiti nei vari calibri: ci siamo presi un appunto sulla confezione per individuarli prontamente in base al colore

9 – Grassi e cera dall’industria all’improvvisazione: a sx il vasetto in cui diverse diecine di anni fa avevamo preparato la mistura di cera d’api e acqua ragia per i legni trattati al naturale o quasi. Al centro il minuscolo vasetto del grasso Lubriplate che veniva fornito per ogni singolo Garand: eccellente contro la pioggia come per le parti in movimento di un’arma lasciata a lungo inattiva. Da ultimo uno scatolino dei diabolo RWS in cui avevamo mischiato vasellina filante e olio Anderol: non ci ha mai traditi

10– Per le carabine, qui una Sabatti Nuova Rover, la partenza della pulizia  vede all’opera la bacchetta con terminale ad asola, le pezzuole in tessuto e il WD-40 o il detergente militare

11 – In alcune occasioni risultano utili e funzionali i feltrini della VFG, anch’essi declinati nei vari calibri con spaziatura di 0,5 mm: qui la serie che va dai 6,0 agli 8,0 mm. Vanno usarti montando sulla bacchetta il supporto specifico su cui si avvita il cilindretto di pulizia

12 – Il feltrino VFG pronto per l’uso: la sede a vite su cui è montato lo mantiene a giusta dilatazione per un’azione abrasiva efficace

13 – Tre scovoli in bronzo fosforoso per i calibri 6,5 – 7 – 8 mm: con il detergente compiono il giusto lavoro di rimuovere i depositi dalla canna rigata. Da passare sempre dalla culatta alla volata

14 – Per esigenze fotografiche abbiamo posto la Sabatti sul cuscinetto posteriore per i tiri in poligono. La bacchetta provvista della pezzuola sta per essere infilata nella canna: è il secondo passaggio dopo quelli con lo scovolo metallico

15 – L’asola con la pezzuola è uscita dalla volata e si provvede a toglierla per estrarre la bacchetta e riavvitarla prima di una seconda passata. Nell’occasione è sempre bene dare una controllata con le dita al serraggio della flangia che copre la filettatura di cui sono provviste in pratica tutte le nuove carabine

16 – Detergenti protettivi, pezzuole, pennello pronti per intervenire sull’otturatore

17 – La testa dell’otturatore della Nuova Rover Sabatti è del tipo con tre alette di chiusura: abbiamo lasciato il residuo di oliatura per meglio significare come tutto vada pulito per bene nei diversi particolari

18 – Anche la parte posteriore della testa va ben curata con attenzione agli incavi in cui tende a depositarsi lo sporco

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