Insieme a un valido fucile abbiamo avuto occasione di riprovare uno dei primi esemplari del cannocchiale Zeiss Duralyt accolto con notevole interesse dal mercato per l’eccellente quotazione in rapporto al resa sempre in linea con il marchio bianco celeste
di Emanuele Tabasso
Negli anni 50 e 60, fino ai primi 70 la Zeiss era giustamente considerata ai vertici nella fabbricazione di cannocchiali da puntamento, affiancati a binocoli e lunghi che formavano la dotazione dei cacciatori di vaglia: tale posizione, e parliamo delle ottiche di mira, era concentrata su pochi modelli, validi senz’altro, ma dotati di valori di ingrandimento troppo bassi per quanto si stava sviluppando su un mercato sempre più internazionalizzato e con una forte pressione delle idee statunitensi. Il vasto ampliamento dell’offerta della Casa di Wetzlar era stato propugnato dai Signori Berti, titolari della Bignami di Ora, quando l’azienda tedesca aveva deciso di conferire loro il mandato di vendita per l’Italia, ed era stato ascoltato. Fra le altre soluzioni, la scelta di inserire una serie a prezzo più basso di quella di vertice, mantenendo la qualità peculiare per cui la Casa era famosa, poteva rappresentare un’arma a doppio taglio, ma la realtà diede ragione all’esperienza dei Signori Berti: la serie Duralyt, diventata poi nel tempo la Conquest, rappresenta il livello intermedio fra quelli di primo prezzo, apparsi ancora più tardi, denominati Terra e il vertice rappresentato dai Victory. La bagarre commerciale era in piena attività e s’era adombrato che il Duralyt fosse costruito in zone del mondo a basso costo di manodopera: la Zeiss aveva reagito da par suo invitando per alcuni giorni nella sede centrale di Wetzlar una cinquantina di giornalisti di settore arrivati dall’intera Europa. Sotto agli occhi di tutti scorreva la produzione partendo dall’estruso in lega leggera da cui torni e frese ricavavano il tubo centrale asportando l’84,5% del materiale iniziale, poi via via tutte le altre operazioni. La vetreria Schott, appendice della Zeiss fornisce da sempre lenti del massimo livello e all’epoca erano ben 80 i diversi tipi a disposizione e 70 erano gli strati protettivi distesi su ogni lente, inalterabili nel tempo: di queste rammentiamo un particolare. Il tocco finale di politura superficiale viene dato da un frottatore che liscia le superfici per un tempo impostato da due gentili Signore operanti in coppia: il raggiunto limite esatto di questa operazione viene determinato dalle dita delle succitate Signore che, passando fra pollice e indice le lenti, sentenziano “così va bene” oppure “aggiungiamo ancora un minuto e mezzo di passaggio nel frottatore”. Ebbene sì, un simile apprezzamento tecnico è ancora affidato a esperte mani umane, non essendoci tuttora una macchina che le possa validamente sostituire. Siamo rimasti incantati perché anche da parte nostra nella vita operativa nel tessile avevamo sviluppato una certa sensibilità nelle dita, ma così era davvero una cosa celestiale. Purtroppo tale e tanta era la cifra strabiliante per cui erano assicurate le mani delle due Signore che non riusciamo a ricordarla. La quotazione per l’uscita sul mercato era stata studiata per sorprendere e accattivarsi i probabili clienti: in effetti rammentiamo come fosse talmente bassa che molti amici s’era prontamente dati all’acquisto trovando come motivazione finale il pensiero che “per quel prezzo ho pur sempre uno Zeiss”. Ci torna ancora alla mente una frase sussurrata sorridendo dal Dr. Wolfgang Frey, il dirigente aziendale che aveva preso in carico tutta la truppa giornalistica nella visita in fabbrica: “a mio avviso chi ha stilato i conti si deve essere sbagliato”. Cosa ovviamente poco probabile, ma di sicuro si era andati di lima proprio per stupire le aspettative del mercato.





Le caratteristiche del Duralyt
Innanzitutto il tubo centrale presenta la sezione di 30 mm e le sedi delle due torrette di regolazione vengono ricavate integralmente nelle operazioni di fresatura; al tempo non pochi prodotti avevano ancora questi particolari assemblati, quindi con soluzioni di continuità. Tre le proposte uscite contemporaneamente con il valore massimo presente in quest’esemplare, adatto alla maggior parte degli impieghi venatori e dimensionato in maniera ancora contenuta: il 3-12×50 va bene in battuta e soddisfa adeguatamente il tiro di precisione a fermo mentre l’obiettivo da 50 mm coniuga ingombro e buona luminosità. Le regolazioni vedono l’oculare per l’adattamento delle diottrie e la ghiera gommata per i valori di ingrandimento. Nel corpo posteriore si trova l’impianto di illuminazione, all’epoca una novità fornita su richiesta con leggero aggravio di costo, con la sede della batteria e i due pulsanti (+ e -) più l’interruttore di accensione e spegnimento.
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Tolti poi i coperchietti a vite si accede alle torrette: piccoline nei confronti dell’evoluzione avvenuta negli anni successivi, ma con gli scatti molto percepibili anche con le mani fredde e, soprattutto, precisi negli scostamenti sottesi, pari a 1 cm a 100 metri per ogni click come abbiamo ancora potuto verificare pochi giorni addietro nelle prove condotte nel “Vecchio Poligono” situato nei pressi di Castellinaldo d’Alba (CN) dove il titolare, Signor Nicola Vecchio dirige magistralmente i tiri e, su richiesta, dispensa consigli dettati da una lunga esperienza nel settore (tel. 333 384 8500). La sede delle linee di tiro è posta in una valletta con molte piante a contorno che la rendono favorevole anche nei periodi con elevata temperatura, evitando l’onda di calore che rende la vista dei bersagli tremolante come ben sa chi ha pratica di tali situazioni. Ugualmente l’ombra marcata di inizio autunno e la luce contenuta delle ore più tarde del pomeriggio consentono di verificare il valore crepuscolare e il potere di definizione delle ottiche. I pochi colpi effettuati a 100 e poi a 200 metri hanno mostrato un rapidissimo azzeramento e come le lenti Zeiss siano sempre a proprio agio, specie nei momenti critici: il trinomio formato dalla Casa tedesca, dalla valida Remington 700 SPS SS e dalla cartuccia 7-08 Rem. (cariche originali Norma con palla Nosler B/Tip da 140 gr) hanno fornito coppie di colpi al di sotto del ½ MOA.










Dida
001 – (apertura) – Lo Zeiss montato sulla Remington 700 evidenzia innanzitutto un buon rapporto di volumi e di masse
002 – Una vista ravvicinata del lato destro posteriore dello strumento: il colore ci pare la scelta meno indovinata, ma è davvero un particolare ininfluente sul rendimento di questa ottica di eccellente rapporto qualità/prezzo
003 – Primissimo piano sul complesso dove è situato l’impianto elettrico per il punto luminoso centrale e dove appaiono il modello e i valori in gioco
004 – Oggi si potrebbero definire torrette minimali, ma la piccola misura racchiude in modo egregio quel che serve: gli scatti, ben percepibili, valgono 1 cm a 100 metri
005 – Nella parte sinistra dell’oculare spiccano il tasto di accensione e spegnimento con quelli per variare l’intensità luminosa. Sopra è posto il coperchio a vite per la batteria
006 – La parte centrale con gli ingrossamenti per le torrette ricavati di blocco dal tubo. Nella miscellanea di produttori notiamo anelli e attacchi della Leupold
007 – La lente oculare con l’anello gommato per la regolazione delle diottrie in base al proprio visus. Davanti l’altro anello gommato per l’impostazione degli ingrandimenti
008 – Rivedendo alcune immagini della visita alla Zeiss di Wetzlar del gennaio 2011 ecco una serie di grezzi semilavorati del Duralyt
009 – Una bella documentazione che ci era stato permesso di fotografare vicino a una postazione di lavoro: le specifiche di lavorazione del nuovo cannocchiale
010 – Il Dr. Wolfgang Frey, cinque lingue parlate in scioltezza saltando dall’una all’altra per interloquire con i diversi ospiti, russi compresi, e poi una conoscenza profonda del settore ottico: affabilità, classe e signorilità